L'intenzione del gesto che, da quanto si apprende dal comunicato, il sindaco Peria si atteggerebbe a praticare, cioè quello di dimettersi dal suo incarico se il tribunale dell'Elba verrà chiuso, è da apprezzare e condividere ma con una netta riserva: se si è compresa, a monte del gesto in quanto tale, l'esatta portata della situazione in cui il territorio elbano sotto tutti i punti di vista sta versando oppure è solo un ennesimo linguaggio politichese.
_ il motivo del gesto rimanda all'amministrazione e alla difesa dei principi cardine della vita comune?
Poiché crediamo si possa benissimo parlare in modo correlato della essenzialità di mantenere il tribunale come della essenzialità di fare si che l'ambiente vitale, nel senso anche strettamente ecologico, non debba essere piegato a logiche imprenditoriali puramente speculative, forse non è poi così banale sottolineare che c'è un filo conduttore che corre e collega le due situazione descritte: esso ha un nome e si chiama appropriazione capitalistica di tutti quei luoghi, di quegli spazi, di quelle piazze, di quei momenti dove si esercita la sovranità popolare.
_ se l'unico ospedale si regge quasi esclusivamente sull'efficienza di un eliporto (che comunque ha smantellato l'operatività stessa della struttura), in fondo non si dovrebbe fare tanta fatica nel riconoscere, per chi vuol vedere, che questo è un atto illegittimo contro la vita delle persone tanto quanto di continuare a dare in mano ai privati le soluzioni economiche per uscire dalla crisi. E' arbitrario esporre così le questioni?
_ se non è in gioco la dignità dell'esercizio politico, delle sue primarie e insostituibili funzioni per l'accrescimento e l'arricchimento democratico sociale, che, in questa situazione da stato d'assedio – dalle questioni economico-ambientali, dal corretto riposizionamento della visione politica che è servizio del bene comune, dall'affrancamento di una certa visione autoreferenziale di democrazia (in realtà essa è la cifra della trasformazione in << tirannia dei valori, maschera ideologica di un'antidemocratica globalizzazione tecnico-finanziaria>> ) non sia maturato il momento di capire che un gesto del singolo rimane controproducente se tolto da una valutazione più ampia e seria della realtà?
Quando si giunge all'Elba subito un senso di stupore prende lo stomaco e avvolge gli occhi: è provocato dalla sua bellezza. Dimentichi di tutto quanto un certo tipo di funesto progresso – e pienamente contrario alle “ragioni” di coloro i quali vedono nel progresso e nella crescita di stampo ottocentesco i viatici per uscire da tutte le crisi - ci si lascia affascinare da quel sentimento di sorpresa, che proprio come dice la parola, ti prende dalla punta dei capelli e ti solleva, inaspettatamente.
Questi sono alcuni ingredienti invisibili che rendono percepibile la bellezza della natura.
Si tratta di un patrimonio spirituale dal quale dovremmo sentirci ispirare e pervadere, in un percorso che coinvolga pensiero e prassi e che va difeso.
Non sto ragionando di principi astratti ma di esperienza.
Perché una volta scesi a terra, si deve invece fare i conti con tutto quello che corrode e minaccia quell'idea di bellezza; idea che noi, popoli mediterranei, portiamo nella nostra storia.
Leggiamo, grazie all'importante lavoro di Elbareport, che a Mola è stata rintuzzato l'ennesimo tentativo di cementificare il mare.
Come non pensare a Portoferraio; anche qui siamo in stato d'assedio. Ci sono quelli dell'Esaom che ripropongono schemi imprenditoriali già conosciuti, contravvenendo al ruolo che l’impresa dovrebbe avere, ovvero quello di pensare idee originali che aprano mercati nuovi o di nicchia. E c’è la politica che più che dirigere lo sviluppo, subisce quelle visioni, pressata dall’urgenza della crisi, anch’essa incapace di fornire risposte nuove, durature ed efficaci alle cicliche crisi occupazionali.
A Capoliveri si apprende, sempre dall'instancabile lavoro della redazione, che si è presentato un ricco signore che si è riproposto l’acquisto delle miniere, con l’atteggiamento di chi identifica il proprio arrivo su un luogo col diretto acquisto dello stesso.
Ora, l'unica cosa che un Comune intelligente, che abbia minimamente compreso quale significato di bellezza sostiene la vita delle persone, avrebbe dovuto dire al signore: “si compri un biglietto del tram e torni al suo paese”.
Cosa ci aspetta dal futuro se lo stato di cose è questo?
Possiamo ragionevolmente pensare, e su che basi, di costruire una forza sociale, di ricominciare a costruire su basi solide un'idea di speranza e consapevolezza?
La posizione, difensiva, che la segreteria del PD ha assunto circa le critiche che sono state rivolte al progetto di porti turistici nella rada di Portoferraio, lascia intravedere purtroppo come la politica sia sottodimensionata rispetto alla necessità di crescita culturale, di approfondimento, di analisi comparata delle esperienze più diverse.
Per la verità, non si tratta soltanto di un limite della politica, ma della classe dirigente nel suo complesso. Della società, largamente intesa.
Si riconoscono le difficoltà di essere partito politico oggi, perché è venuta meno la militanza e perché l’uniformazione culturale imposta dalla globalizzazione tecnico-finanziaria rende difficile essere ‘diversi’. Ancora più fortemente però è richiesto proprio alla politica quel ruolo intellettuale che purtroppo ha dismesso già da qualche decennio.
Sul tema specifico dell’ambiente, pare necessario dotarsi e formarsi alla acquisizione di tutti quegli strumenti, di tutte quelle conoscenze che permettono di maneggiare l'enorme apparato di leggi e regolamenti ambientali anche europei che, proprio perché attendono una traduzione sul territorio, apporterebbero investimenti, la cui cifra predominante sia la qualità e non la quantità.
Il politico non deve trasformarsi in tecnocrate, che di questi tecnocrati la vigoria della nostra vita nazionale è stata danneggiata. Ma semplicemente deve essere preparato, deve investire primariamente in quella conoscenza che gli consenta di organare soluzione reali, accettare una dialettica critica seria e ragionata e voglia rendersi davvero al servizio di quello che una comunità esprime attraverso progetti, idee, aspirazioni.
Dall' altra parte occorre richiamare tutte quelle persone che vogliano iniziare un percorso comune, di confronto e di esposizione di idee. E' quel lavoro di lunga lena che nel nostro primo contributo richiamammo con forza.
Che in uno stato d'assedio non è mai uno il colpevole; l'ignoranza sociale, puzzle di una ignoranza degli individui, è altrettanto responsabile davanti alla cancellazione della memoria storica, luogo deputato da cui nasce la libertà e in cui le attività umane, dalla politica, all'architettura, all'educazione, al rispetto vero dell'ambiente trovano fondamento.
L'arretratezza culturale dell'Elba non è un fatto da intendere come giudizio sulle persone. E' una arretratezza che si può vincere cambiando atteggiamento, volendo smettere di essere ignoranti, volendo ricercarne le cause in fattori culturali appunto come suggeriva Franco Filippini nel suo commento.
Chi ama l'ambiente ama restare umano e pensare in maniera paziente e non ordinaria.
Pierpaolo Calonaci