Con un comunicato di alcuni giorni or sono l’Autorità di sistema portuale del Tirreno settentrionale ci ha dato notizia della avvenuta approvazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un nuovo, importante strumento di programmazione, il Documento di programmazione strategica di sistema che individua gli obiettivi e le strategie di sviluppo di tutti i porti di sua competenza (Livorno, Piombino, Capraia, Portoferraio, Rio Marina e Cavo). Preso dalla curiosità sono entrato nel sito della Autorità portuale per avere un’idea degli “obiettivi e delle strategie” che si pensa di perseguire e di attuare.
Ebbene ho ritrovato per il nostro porto:
- Il prolungamento della banchina dell’alto fondale e la realizzazione di un ampio piazzale alla radice del molo n°3 per facilitare l’imbarco sui traghetti, obiettivi che furono concordati dall’allora Autorità portuale di Piombino con l’Amministrazione comunale e da questa approvati, nel 2005, vale a dire quasi venti anni fa.
- La stazione marittima promessa, per la prima volta, nel 2011. 13 anni fa.
E sul continente, per facilitare l’accesso al porto di Piombino c’è anche, non poteva mancare, la strada statale 398. Se ne cominciò a parlare negli anni ’80. Un primo progetto di fattibilità risale al 1993. La aspettiamo ancora e sono passati poco più di 30 (dico trenta) anni!
Per compiere o, almeno, avviare queste opere ci aiuterà il Documento di programmazione strategica approvato dal Ministero? Ho seri dubbi. Da quando ne fu riconosciuta la necessità, i molti anni passati ci dicono che servono a poco i Documenti strategici, gli accordi programmatici, le intese più volte scritte e sottoscritte se non c’è un vero interesse, se manca una decisa volontà di farle.
Dalla lettura del Documento non si comprende bene a che cosa serva il prolungamento della banchina dell’alto fondale. Se solo per consentire alle navi da crociera di piccola o media stazza di ormeggiare in sicurezza o anche per destinare nuovi spazi, proprio a ridosso dei bastioni medicei, alle operazioni di imbarco e sbarco dei traghetti riducendo il parcheggio esistente la cui funzione è sempre stata quella di facilitare l’accesso al centro storico e non di favorire lo svolgimento di operazioni portuali.
Sarebbe auspicabile che, insieme all’adeguamento della ricettività del porto, l’Autorità e l’Amministrazione comunale si accordassero per migliorarne l’immagine con l’elaborazione di un piano particolareggiato di riqualificazione e di rigenerazione urbana, considerata la stretta connessione della zona portuale con il resto della città. Ma di questo nel Documento di programmazione non esiste traccia.
Ed insieme ad un progetto di miglioramento dell’immagine sarebbe anche utile che Autorità e Comune pensassero ad un piano di regolamentazione del traffico veicolare nella zona portuale e nella contigua parte della città da affidare a Tecnici specializzati. Può darsi, chissà, che venga riconosciuta l’ importanza di utilizzare l’area retrostante il palazzo ex Residence per la costruzione di un parcheggio multipiano. Forse potrebbe essere di grande utilità per il traffico portuale e insieme per il centro storico. Ci sta anche che, con l’occasione, si scopra che è sbagliato concentrare più partenze in soli 25/40 minuti, il venerdì e il sabato e in fasce orarie in cui il traffico cittadino è piuttosto intenso. Può darsi anche che emerga la necessità di evitare per il futuro l’immissione in servizio di traghetti capaci di trasportare un numero sempre più elevato di automezzi. Il nostro è un porto di modeste dimensioni. Va bene apportare alcune modifiche strutturali, ma sempre “piccolo” rimarrà e non sarà mai in grado di sopportare enormi volumi di traffico. A meno che non si pensi di organizzare corsie di imbarco, oltre che nel Viale Zambelli, nel Viale Elba o in quello alberato che porta alla spiaggia delle Ghiaie.
A qualcosa di nuovo comunque nel Documento si è pensato. Lo spostamento dei “barchettini” dei residenti ormeggiati tra la calata Matteotti e la calata Buccari in un “ Porto a secco “ e dei pescherecci dal molo del Gallo. Ma i porti a secco sono strutture a terra, dotate di scali d’alaggio, dove le imbarcazioni stazionano in genere per un certo tempo durante l’anno. I barchettini ormeggiati nella darsena medicea sono invece utilizzati spesso dai loro proprietari. Per loro il porto a secco non si confà. Quanto al riposizionamento dei pescherecci si può anche essere d’accordo, ma perché non posizionare diversamente anche le motovedette della Guardia di Finanza e dell’Arma dei carabinieri? Ed ampliare in questo modo le possibilità di approdo in Darsena?
Nel Documento c’è anche una interessante novità. Tutta l’area prospiciente la Darsena medicea, quella che appartiene al Demanio marittimo, è inclusa tra le così dette aree “di interazione porto-città”, vale a dire tra le aree demaniali a forte vocazione urbana e non portuale. Ebbene, in base alle recenti modifiche apportate alla legge n°84 del 1994 istitutiva delle Autorità portuali, quelle aree sono considerate ESTERNE all’ambito portuale e quindi la competenza sul loro utilizzo e la loro gestione spetta al Comune, sia pure in accordo con l’Autorità.
Ma i cartelli di divieto di sosta con minaccia di rimozione forzata posizionati dalla Autorità portuale nel piazzale della Linguella, prospiciente la Darsena medicea, continuano a “spaventare” il povero autista in cerca di un posto auto. E questo accade non ostante che anche il Giudice di pace, con due recenti sentenze, abbia affermato che la Linguella non può essere “ qualificabile come area portuale”. Ma questo è un altro discorso che riprenderemo, passati i “bollori” estivi.
Giovanni Fratini