Il parlamento, una volta per tutte, deve mettere mano al sistema giustizia e penitenziario, consentendo al giudice di disporre la carcerazione soltanto quando siano inadeguate le altre misure coercitive o interdittive. Lo dichiara Romeo Chierchia, vice Segretario Generale del Sindacato Polizia Penitenziaria Si.P.Pe. il quale afferma che nei Paesi civili si va in carcere dopo la condanna e non prima e lì c’è l’istituto della cauzione che prende il posto della carcerazione preventiva. Questa misura – aggiunge Chierchia - va introdotta nel nostro ordinamento processuale per reati non di grave allarme sociale se vogliamo definirci un paese civile. La situazione delle carceri italiane è indecente, intollerabile e inaccettabile per i detenuti e per i poliziotti penitenziari che ci lavorano. Le forze propongono sistematicamente provvedimenti di riforma della giustizia e del sistema penitenziario ma, puntualmente, offrono proposte vecchie e costose. Secondo il Si.P.Pe., occorrono decisioni non più procrastinabili per il superamento di una realtà degradante per i detenuti e per la stessa Polizia Penitenziaria anche alla luce della pesante condanna di Strasburgo allo Stato italiano per la riconosciuta incompatibilità dell’attuale sistema carcerario italiano con la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in riferimento alla proibizione di trattamenti inumani e degradanti. Il Si.P.Pe. non è favorevole a provvedimenti di indulto e amnistia se a questi non seguono riforme strutturali, come appunto anche l’istituto della cauzione che oltretutto porterebbe un vantaggio economico alle casse della giustizia.