Proviamo a fare qualche considerazione, godendoci questi giorni di “caos calmo” elettorale, prima che la competizione per le comunali diventi una guerra civile fredda.
Se da una parte la candidatura di Ruggero Barbetti era scontata, dall'altra si attendeva che cosa avrebbe fatto la controparte. L'uscita allo scoperto di Fausto Martorella era nell'aria, ma ha comunque anticipato eventuali altre mosse. Va dato atto al leader dell'opposizione di aver agitato un po' le acque di una palude che rischiava di diventare asfittica da qui alla presentazione delle liste. Altra nota positiva è che sembra ci sia l'intenzione di aprire un cantiere per la redazione di un programma di governo. Bene anche se si inizierà fin da ora a ricucire lo strappo nella coalizione cinque anni fa, e fino a ora mai ufficialmente ricomposto. Ma le buone intenzioni non bastano a colmare i soliti pesanti deficit del centrosinistra capoliverese, che lo fanno finire regolarmente asfaltato da un Barbetti che il potere lo sa far fruttare eccome elettoralmente, non certo al pari di un Paolo Ballerini qualunque.
Il primo limite è quello di lavorare non solo a un programma, ma a una strategia basata su quattro o cinque obiettivi forti e alternativi da contrapporre all'avversario. E questo richiedeva una preparazione e una diffusione tra l'elettorato su un periodo di tempo lungo almeno due anni. Mossa dirompente, questa, contro un Barbetti che, soprattutto negli ultimi anni, non ha mai avuto uno straccio di visione programmatica da portare se non quella di una perpetuazione del potere fine a se stesso.
Il secondo è quello di una preparazione, anche questa richiedente diversi mesi, di un gruppo di persone al di fuori dei soliti nomi di tromboni in campo da ere geologiche, e rappresentanti solo se medesimi, meglio se scelti anche dando qualche strumento di preferenza ai cittadini. Temo invece che le liste saranno il solito mercato delle vacche tra chi porta più voti e si vende al miglior offerente.
Il terzo è la scelta del candidato. E qui diventa addirittura necessario non giocare nelle segrete stanze di sezioni e conventicole per la scelta di esso. O si condivide con l'elettorato o non ci sarà mai nessuna possibilità di cambiamento per Capoliveri. È proprio perché per la sinistra capoliverese non c'è all'orizzonte nessun Alexis Tsipras che la scelta deve essere il più possibile ragionata e condivisa.
Il quarto deficit che va scongiurato è quello di una nuova spaccatura, sul modello di cinque anni fa. Oltretutto essa chiarisce che ciò non porta a nessun risultato pratico. Chiuse le elezioni, quella sinistra si è dissolta, non ha fatto un minuto di opposizione nonostante la gestione fallimentare di Barbetti ne offrisse le occasioni. Ha chiarito dunque fin da subito il suo unico scopo: demolire la posizione di Ballerini, peraltro già abbondantemente imbarazzante. Fatta salva la buona fede del suo candidato Corrado Martorella, che ha peccato solo di ingenuità, sarebbe stato il caso che i promotori di quell'operazione avessero chiesto scusa. E comunque che lasciassero il campo ad altri attori per questo nuovo giro elettorale.
Quinto limite che va superato è quello di una discussione a compartimenti stagni con la costituzione di un cantiere – attenzione, non un comitato, che lascia il tempo che trova: i comitati hanno senso quando lavorano su tempi lunghi e progetti di ampio respiro, non quando spariscono senza rimpianti un'ora dopo la presentazione delle liste –, meglio se aperto a un più largo ventaglio possibile di rappresentanti della società civile. Partire dal basso, senza capetti e padrini di sorta, è il principio di una vera nuova stagione della politica.
Il tempo stringe, ma forse non è ancora troppo tardi per inaugurare un nuovo corso. Altrimenti good night and good luck, Capoliveri.
Andrea Galassi