Non è possibile comprendere le vicende storiche dell’Elba, quantomeno per i tempi remoti del pleistocene medio e superiore, se non si considera che le mutazioni climatiche e ambientali condizionarono per lunghi momenti la ‘ fruibilità’ del suo territorio da parte di gruppi umani. Nel corso del paleolitico, ad esempio, quando la capacità di navigare non era ancora pienamente acquisita alle esperienze umane, l’isola fu abitata anche densamente (sono oltre 40, da Pomonte alla Spiaggia di Reale, i siti archeologici finora scoperti) durante alcuni picchi glaciali. Allora, per un marcato abbassamento della temperatura media annua e del livello del mare, l’Elba si unì al continente configurandosi come la punta di un grande promontorio proteso verso la Corsica. Quest’ultimo, ovviamente, comprendeva Palmaiola e Cerboli nonché tutti gli splendidi isolotti (Topi, Scoglietto, Enfola, Paolina, Formiche, Ogliera, Triglia, Corbella, Gemini, Ortano) che oggi fanno da corona alle nostre coste.
Viceversa, a quanto pare, l’Elba si trovò deserta e priva dell’attività dell’uomo durante i periodi ‘caldi’ degli interglaciali - e forse di qualche interstadiale -, quando un braccio di mare più o meno esteso la separò dalla terraferma. Occorre sottolineare che la ‘intangibilità’ dell’Elba - nei suoi momenti di insularità - da parte di comunità del paleolitico medio e superiore trova perfetta corrispondenza con le industrie litiche finora recuperate.
E’ stato più volte osservato che condicio sine qua non per ottenere risultati scientificamente plausibili sulle reali oscillazioni del livello del mare, occorre avviare ricerche e prelevare dati in zone stabili o poco perturbate da movimenti tettonici contemporanei o successivi al periodo che si sta indagando. Tale variabile, in grado di per sé di rendere inutili calcoli e ipotesi, è in pratica poco influente (almeno per gli ultimi 150 mila anni), per l’Arcipelago toscano, in quanto esso risulta interessato in modo trascurabile non solo da fenomeni neotettonici, ma anche da apporti consistenti di sedimenti fluviali che possono aver alterato nei millenni l’altimetria del fondo marino.
Dal confronto e dall’integrazione fra vecchi e nuovi indicatori scientifici emerge un quadro di ‘insularità’ che può essere così sintetizzato partendo dalle epoche più antiche:
- Nel corso di un forte interstadio della glaciazione mindeliana (cioè fra 500 e 450 mila anni fa secondo proposte cronologiche accreditate ma da definire meglio), il mare invase le aree pianeggianti dell’Elba che si frazionò sostanzialmente in quattro ‘tronconi’. Il primo corrisponde all’ attuale massiccio del Monte Capanne, un altro all’ area centrale compresa fra il piano di Procchio e la diagonale Magazzini/Porto Azzurro, il terzo al Monte Calamita e il rimanente alla dorsale montuosa e collinare che va da M. Castello a M. Grosso.
- Durante l’interglaciale Riss/Würm (120-75 mila anni fa) la configurazione dell’isola – almeno nel momento di akmé trasgressiva che, presumibilmente intorno a 100.0ü00 anni fa, portò il livello marino a +15 metri – fu leggermente diversa, con golfi più rientranti, perimetro costiero più sinuoso e, ovviamente, minor superficie ‘terrestre’.
- Con ogni probabilità l’Elba rinnovò la sua insularità, fra 40 e 32 mila anni fa, nel corso dell’interstadio Würm II-III.
- Pianosa si trovò unita all’Elba intorno a 20.000 anni fa e ritornò isola circa 15-14 mila anni da oggi.
- L’Elba si separò 12-11.000 anni fa dal territorio piombinese nella fase finale (o tardoglaciale) del Würm, inaugurando un’ulteriore, lunga ‘stagione’ di insularità (l’ultima, per il momento) che, in sostanza, è quella che ancora oggi stiamo vivendo.
Al contrario, la ‘continentalità’ fu determinata da periodi di freddo tanto intenso (Mindel, Riss, Würm) che il livello del mare si abbassò fino a -110/-120 metri. Risulta che in certi archi temporali l’Elba fu unita a Pianosa, ma non sembra che le suddette regressioni marine siano state così potenti da consentire che il vasto promontorio Piombino/Punta Ala/ Elba/Pianosa inglobasse anche Capraia e Montecristo.