Un invito a partecipare a una spedizione di Goletta Verde non l'avevo mai ricevuto, e' stata la mia prima volta. Battaglieri ambientalisti che si preparano a due azioni, anzi, a due "blitz", nel mio immaginario, forse un po' romanzato, forse dettato dall'inesperienza, mi avevano fatto fare sogni preoccupati, chissa' perche' continuavo a pensare ai gommoni di Greenpeace che nei mari nordici attaccano le baleniere giapponesi...
Un po' titubante, io che sono ambientalista romanticamente iscritta a Italia Nostra soprattutto in ricordo del mio caro preside, iscritta al FAI e al Biowatching Toscano, ma non iscritta (ancora) a Legambiente, arrivo puntuale all'appuntamento. Gia' in lontananza mi sento meglio: intravedo, nella giungla dei cartelli e pali vari purtroppo caratteristica del molo del Gallo, le bandierine della goletta, un pavese giallo allegro, che sembra chiamarmi.
E' soprattutto il richiamo del mare che mi attrae dapprima. La barca e' splendida, come una signora elegante, comoda e curata. Il molo del Gallo sembra il luogo ideale per accoglierla, al limite della darsena medicea. Sembra d'improvviso che la dimensione auto-traffico-parcheggi-caldo scompaia, per vedere valorizzata appieno la vera vocazione della citta', sul mare com'e'.
Accanto, nemmeno a farlo apposta, arriva il Gabbiano II, un altro signore del mare di Portoferraio, spesso poco conosciuto dai piu', che da anni fa servizio regolare di collegamento nel Golfo. Il comandante del Gabbiano, che stimo e che conosco da anni, vero "lupo di mare", fa scendere tanti turisti.
E' con una punta di amarezza che incasso il commento dello skipper della goletta, che mi fa invece notare come Portoferraio manchi di mentalita' marinara. Me ne dispiace, ma in effetti sono d'accordo con lui. So tra l'altro che proprio il Gabbiano II, proprio di fronte a me, non e' abbastanza valorizzato dal Comune e non ha il posto in banchina che gli converrebbe per essere utilizzato al meglio.
Partiamo, non prima di aver accolto a bordo una delegazione in rappresentanza della situazione di Punta Penisola: nonno e nipote, del continente, ma, direi, elbani d'adozione. L'equipaggio e' cosi molto vario: ci sono i volontari, tutti giovani sotto i trent'anni, i responsabili di Legambiente, lo skipper e il co-skipper.
Aiutati forse dalla giornata incredibile, sole e mare da cartolina, la navigazione e' serena, ma non ha niente a che vedere con la classica veleggiata estiva da turisti. A bordo nessuno ozia. Ognuno ha compiti ben precisi: chi e' addetto alle foto e ai video, chi ai social network, per mettere subito in rete le foto e i video, l'addetta stampa che mantiene per quasi tutto il viaggio collegamenti telefonici con i vari collaboratori, chi compila le informazioni per l'itinerario, chi fa il marinaio e si occupa degli ormeggi, cime, parabordi, in un sincronismo collaudato di ordini a cui fanno subito eco gesti precisi e puntuali, senza discussione, senza mettere in dubbio i comandi dello skipper. Niente pilota automatico, la navigazione e' sempre manuale, sempre controllata. Proibito fare bagni, nemmeno dopo che la missione e' stata, felicemente, conclusa. Se qualcuno ne ha voglia, li puo' fare a terra, ma solo dopo aver terminato le proprie mansioni: i preparativi per la partenza il giorno seguente, alle sette di mattina, sono piu' importanti. Unica concessione, una spaghettata graditissima, al largo dello Scoglietto, a motore spento, come nelle migliori tradizioni italiane.
Lo sbarco avviene senza fretta: e' questo che mi ha colpita di piu', con manovre perfette. La mancanza di stress, la mancanza di fretta, la preparazione di tutti i partecipanti a compiti diversi, la consapevolezza di un itinerario e di un programma di interventi da eseguire in coordinamento con l'ufficio centrale e le sedi distaccate in tutta Italia.
Do' un'ultima occhiata alla barca, una goletta incredibile, che con la sua sola presenza riempie un porto, con il suo pavese richiama l'attenzione, con il suo equipaggio trasmette forza e ottimismo.
Ringrazio, saluto, spero di rincontrarli tutti.
Cecilia Pacini