L’Enciclica, l’EXPO e la Carta di Milano e una serie più o meno prossima di incontri internazionali ripropongono in termini ineludibili i rischi mai così incombenti sul presente e il futuro dell’ambiente. Non mancano naturalmente i soliti scettici che invitano anche con romanzine al papa a non esagerare. Ma che tu guardi ai mari, ai monti, ai fiumi, al paesaggio alla agricoltura come alla pesca, ai rifiuti come agli abusi e ai reati, alle aree protette tutto puoi dire tranne che i guai possano essere considerati da poco. E mai come ora infatti anche gli ambientalisti come il mondo della ricerca, le istituzioni come le forze politiche devono fare i conti con novità anche scomode e impreviste che non possono lasciare ad altri. Vale per le politiche comunitarie come per quelle internazionali. Ma vale anche per quelle dello stato, delle regioni e degli enti locali. Qualche esempio. Sull’Unità tornata dopo molti mesi in edicola il ministro Martina commenta l’expo. Finora non vi ho trovato alcun accenno ai problemi postigli più volte pubblicamente dalla senatrice Cattaneo sugli ogm. Possibile ignorare che molti nostri prodotti che vanno per la maggiore ne contengano un bel po’. Che senso ha quindi continuare a dire che quello non è il problema? E quale sarebbe?
Ma dove la partita si presenta ormai con novità cruciali è quello istituzionale. Se ne sono accorte anche le associazioni ambientaliste incluse quelle che si erano illuse di poter rimpiazzare loro in qualche misura un ruolo a cui le istituzioni erano sempre più venute meno a partire, ad esempio, dalla gestione dei parchi e delle aree protette.
Stato, regioni ed enti locali in europa come nel paese non sono rimpiazzabili sul piano ambientale come su quello economico e sociale come le vicende in corso confermano senza ombra di dubbio.
Le riforme istituzionali di cui si sta occupando il parlamento specie dopo l’abrogazione delle province non vanno certo nella giusta direzione.
Lo stato risulta ormai inadempiente anche in comparti dove da anni ci si era dotati di buone leggi. Vale per il suolo, per il paesaggio, per le aree protette, insomma per quelle politiche di pianificazione del territorio che hanno via via lasciato il posto a politiche rovinose e speculative.
Non si potrà uscirne ora premiando uno stato come prevede il nuovo titolo V e mazzolando ulteriormente le regioni e gli enti locali. E siccome oggi nessuno ha le carte in regola per dare presuntuosamente lezioni urge ritrovare, anzi finalmente trovare, modalità in grado di garantire politiche e non solo in campo ambientale, fondate su quella ‘leale collaborazione’ mai effettivamente sperimentata.
E’ questa oggi la sfida per tutti gli ambientalismi come per tutte le istituzioni. Sfida che consiste principalmente nel pieno recupero dei vari ruoli politici, istituzionali, culturali ai quali di volta in volta sono state addebitate le maggiori responsabilità che tuttavia non sono appunto rimpiazzabili da altre. E’ il caso evidente della situazione dei parchi non solo nazionali i quali ora senza piano ora senza presidente e direttore perché il ministero o le regioni non fanno designazioni o ne fanno di discutibili. Il rimedio non sta certo nel designare rappresentanze di categoria ma piuttosto nel ripristinare criteri corretti previsti peraltro dalla legge. Il male non è la politica ma la brutta politica che perciò non va abrogata ma corretta.
Renzo Moschini