Nel documento “Danni da cinghiale (Sus scrofa) Gestire la specie per contenere significativamente i danni”, recentemente consegnato da Legambiente Nazionale al ministro delle politiche agricole e forestali Martina, a quello dell’ambiente Galletti e alla Commissione Ambiente del Senato, si legge che “Attualmente la specie, che è stimata presente in Italia con circa 1.000.000 di esemplari, è responsabile di ingenti danni sul territorio nazionale, in particolare nei confronti delle attività agricole, ed in alcune aree la soglia di tollerabilità è stata superata dando luogo a contestazioni ed accuse nei confronti degli Enti preposti alla gestione. La dimensione dei danni all’agricoltura in alcune regioni manifesta punte da emergenza economica per l’entità del danno arrecato alle colture e i conseguenti indennizzi a carico delle pubbliche amministrazioni. Questa situazione, ad esempio nelle piccole isole nelle quali il cinghiale era del tutto assente ed è stato immesso a scopo venatorio, ha inoltre le caratteristiche dell’emergenza ecologica per i pesanti impatti su ecosistemi e specie vegetali ed animali particolarmente vulnerabili: da anni è stata valutata l’urgenza della sua eradicazione in queste aree”.
Proprio in questi giorni stanno arrivando notizie di cinghiali che scorrazzano – come a San Piero in Campo - nei centri abitati, e di danni alle coltivazioni e alla biodiversità unica dell’Isola d’Elba, per questo rappresentante di Legambiente nel Direttivo del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, Umberto Mazzantini, ha nuovamente sollevato nella riunione del Direttivo del Parco dell’8 ottobre, la questione dell’eradicazione dei cinghiali dall’Isola d’Elba, peraltro già prevista da una delibera approvata ormai diversi anni fa dal Parco Nazionale, ma che non è stata attuata per la contrarietà di Amministrazioni Comunali e cacciatori. Un’eradicazione che va estesa anche ad un altro grande mammifero introdotto: il muflone, che sta causando danni all’agricoltura e alla biodiversità forse pari a quelli dei cinghiali.
«Associazioni come Island Conservation e BirdLife International, con grande esperienza e altrettanto grandi successo nell’eradicazione di specie invasive, anche di grandi dimensioni, da isole a volte più grandi dell’Elba – sottolinea Mazzantini - dicono che l’eradicazione del cinghiale e del muflone dall’Elba non solo è possibile, ma che può essere fatta in tempi rapidi e con una spesa abbastanza limitata rispetto ai vantaggi ambientali, economici e sociali che ne deriverebbero. Il problema è che bisognerebbe rafforzare il trappolamento ed utilizzare mezzi innovativi dei quali chi si diverte a sparare ad animali numerosi e “facili” non vuole nemmeno sentir parlare».
Legambiente Arcipelago Toscano è preoccupata per quanto trapela sulla stampa delle intenzioni della Regione Toscana, che farebbero presumere che si pensi ancora che chi ha creato il problema con le immissioni e le pasturazioni di cinghiali – i cacciatori – possa esserne la cura. «E’ un modo vecchio e fallimentare di affrontare il problema, smentito da tutti gli studi su densità venatoria e cinghiali – dicono gli ambientalisti – Noi chiediamo che vengano intanto rispettati i parametri già previsti dall’attuale normativa regionale, che indica nell’Elba una zona non vocata al cinghiale e che ne prevede una densità che, se fatta rispettare, porterebbe la popolazione elbana di cinghiali ad un massimi di 200 capi, visto che dovrebbero comunque essere eradicati dal territorio protetto. Chiediamo un atto di lungimiranza e coraggio all’assessore Cremaschi, alla Giunta regionale della Toscana ed ai Comuni dell’Isola d’Elba: sperimentate all’Elba l’eradicazione sostenibile del cinghiale e del muflone, coinvolgendo ISPRA, agricoltori, ambientalisti e associazioni venatorie e rafforzando davvero, anche all’esterno dell’Area protetta, l’essenziale opera di trappolamento ed abbattimento selettivo attuata in questi anni dal Parco Nazionale, che è stato il solo a contenere l’impatto degli ungulati sulla biodiversità e l’agricoltura dell’Isola d’Elba».