I nubifragi che hanno colpito Porto Azzurro e Rio Marina, provocando danni e allagamenti, dimostrano per l’ennesima volta la fragilità del territorio elbano, che si trova sempre più spesso a far fronte a fenomeni meteorologici “concentrati” – le cosiddette bombe d’acqua - che mettono in risalto tutte le debolezze di un’isola che ha subito fin troppi attacchi e “varianti” e una “cura” del cemento dell’asfalto scriteriata e troppo spesso mal progettata e pensata. Si tratta spesso di un’eredità del passato che però ha pesanti conseguenze sul nostro incerto presente meteorologico e ne avrà purtroppo ancora di più nel futuro del cambiamento climatico, che ci sta già presentando il suo volto violento, pericoloso e costoso.
Chi credeva di aver messo in sicurezza il territorio elbano dopo l’alluvione del 2002 - e quelle che si sono succedute – ripulendo qualche fosso e costruendo qualche argine e cassa di espansione, si sbagliava. E’ chiaro che manca una visione di insieme della prevenzione del rischio idrogeologico diffuso, che si riflette nella frammentazione localistica della programmazione urbanistica, della quale il fallimento del promesso Piano strutturale unico elbano è l’esempio più clamoroso. E’ chiaro che manca una politica comprensoriale che, per correggere gli errori del passato, richiederebbe anche scelte coraggiose e priorità politiche e amministrative diverse.
La situazione dell’Elba rispecchia in pieno quella del nostro Paese nel quale, secondo i dati di Italia Sicura, i danni legati alle emergenze idrogeologiche degli ultimi 16 mesi ammontano a 7,9 miliardi di euro e, da maggio 2013 sono stati aperti 40 stati di emergenza, di cui 14 ancora in corso. Ma la minaccia rappresentata dall’innalzamento della temperatura del pianeta continua a essere sottostimata e gli interventi a tutela del territorio sono prevalentemente interventi puntuali di difesa passiva, scarsamente efficaci. È indispensabile, invece, che le azioni di adattamento e la riduzione del rischio idrogeologico procedano insieme.
Come ha detto il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, «E’ urgente definire un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici che contenga indicazioni concrete per mettere in sicurezza le persone e adattare i territori e le città. Il nostro governo deve cambiare le priorità di interventi e investimenti in questo senso. Perché l’intensità e l’andamento delle piogge, gli episodi di trombe d’aria e di ondate di calore stanno accelerando con il riscaldamento globale e assumendo caratteristiche in parte nuove. Le conseguenze di un ulteriore crescita della temperatura del pianeta, se non si riuscirà a contenerla almeno entro i due gradi centigradi, sono molto rischiose. Per questo è imprescindibile ridurre le emissioni di gas serra e investire per la messa in sicurezza dei territori. Due obiettivi fondamentali che devono essere fissati in modo obbligatorio nell’accordo internazionale che uscirà dalla Conferenza sul clima di Parigi».
Per costruire una forte mobilitazione sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici in vista della Conferenza delle Parti (COP21 UNFCCC) di Parigi, Legambiente e molte altre organizzazioni hanno creato la Coalizione italiana per il clima.