La notizia è dunque ufficiale: l'O.M.S. ha dichiarato che la carne lavorata (insaccati e simili) è cancerogena. La notizia ha in breve fatto il giro del mondo, allarmando ovviamente l'opinione pubblica tutta e mettendo in crisi il settore economico corrispondente: chi di noi non ha mai mangiato una salsiccia o una fetta di salame? Era stato ipotizzato, addirittura fin dal 1923, che l'ACIDOSI fosse la condizione necessaria e sufficiente per dare inizio alla cancerogenesi (Otto Heinrich Warburg, premio Nobel per la medicina nel 1931), ed essendo la carne, soprattutto quella rossa, un alimento acidificante, essa è sempre stata ritenuta potenzialmente pericolosa per la salute. L'acidosi è quella condizione metabolica per cui l'equilibrio acido-base del nostro organismo (in particolare del sangue) il cui pH, normalmente compreso tra 7,35 e 7,45 (quindi tendenzialmente basico), viene alterato tendendo ad abbassarsi. Il pH, infatti, è la scala di misura dell'acidità o della basicità di una soluzione acquosa, che, in termini matematici, si esprime come il logaritmo negativo in base 10 della concentrazione degli ioni H+ presenti in una data soluzione acquosa.
Oggi la comunità scientifica è concorde nel ritenere come causa prima della cancerogenesi un abnorme accumulo di mutazioni nel D.N.A. Senza addentrarsi nel delicato quanto complicato meccanismo secondo cui, partendo da un proto-oncogène che codifica per una proteina normale per una normale regolazione del ciclo cellulare, a causa di una mutazione o di un virus, tale proto-oncogène si trasformerebbe in un oncogène codificante per una proteina mutata responsabile di un'alterata regolazione del cisclo cellulare, dando così l'imput alla formazione di un tumore, semplifichiamo dicendo che la fase iniziale di un tumore pare essere dovuta ad un alterato rapporto funzionale tra ONCOGENI e GENI ONCOSOPPRESSORI, prendendo un po' ad esempio, per capirne il funzionamento, il modello dell'OPERON di Jacob e Monod, valido, però, solo per le cellule procariote. Questo alterato rapporto funzionale può essere dovuto ad una svariata serie di cause: chimiche, fisiche, ambientali, virali, ereditarie (raramente), mutazioni spontanee, ecc.
Premesso tutto ciò, ci siamo trovati in mezzo ad una ridda di ipotesi più o meno credibili, che tirano in ballo soprattutto concetti evolutivi: la carne causerebbe il cancro nell'uomo perché esso, come le scimmie antropomorfe, da cui alcuni sostengono discenda, è, per sua natura, un frugivoro.
Prendendo in considerazione alcuni fatti oggettivi, possiamo ad es. ben dire che la dentatura umana sia praticamente identica a quella di alcune scimmie antropomorfe (gorilla, orango e scimpanzé), con cui l'essere umano condivide il 98% del patrimonio genetico. Tuttavia, mentre il gorilla e l'orango sono prevalentemente, ma non esclusivamente, frugivori, non disdegnando nella loro dieta anche vermi, piccoli invertebrati e uova di uccello, lo scimpanzé è dichiaratamente onnivoro, riuscendo a predare anche animali di una certa taglia. L'uomo, che neanche Darwin si è mai sognato asserire discendere dalla scimmia, ammesso che agli albori della sua comparsa sulla Terra fosse esclusivamente frugivoro (del resto anche le Sacre Scritture, nel capitolo "Genesi", lo asseriscono), acquisita la capacità di costruire delle armi di offesa e divenendo anche cacciatore, ha cominciato a nutrirsi di carne e ciò, probabilmente, se non soprattutto, per necessità dovute alla sua organizzazione sociale sempre più complessa: nutrirsi esclusivamente di frutta significava dover trascorrere molto tempo a mangiare, per potersi sostenere fisicamente, ma l'uomo primitivo, fisicamente inerme di fronte a molti animali e alle avversità della vita, non poteva stare a mangiare tutto il giorno come fanno i frugivori; aveva necessità di introdurre nella dieta sostanze altamente nutrienti (carne) che, costituendo una riserva energetica, gli consentissero di avere il tempo di svolgere tutte quelle attività, tipicamente umane, che gli hanno permesso di costituire un'organizzazione sociale di grado sempre più evoluto. Quindi l'introduzione della carne nella dieta ha sicuramente influito sull'evoluzione della specie umana.
D'altro canto i carnivori esclusivi (monogastrici a digestione quasi esclusivamente enzimatica) non hanno né la dentatura (canini molto sviluppati e taglio a forbice), né i movimenti della mandibola (solo verticali), né l'apparato digerente simili a quelli dell'uomo. Qualcuno ha voluto vedere nella brevità del loro apparato digerente (pari a circa tre volte la lunghezza del tronco), nell'alto grado di acidità dei loro succhi gastroenterici e nella presenza in questi dell'enzima uricasi (assente nell'uomo)un sistema atto ad eliminare il più in fretta possibile i gruppi amminici (-NH2), cataboliti della dieta carnea, altamente tossici, che normalmente vengono eliminati con le urine. In realtà un animale carnivoro che, per sua natura, deve essere un predatore, deve avere anche una struttura corporea agile e scattante atta a tendere agguati e non può di certo avere un addome ampio e pesante come quello degli erbivori. Il carnivoro deve essere dunque agile, scattante, potente muscolarmente, per poter predare anche animali con una massa corporea molto superiore alla sua e questa condizione può essergli fornita solo da una dieta carnea.
Gli erbivori, ugualmente, (siano essi monogastrici -equidi, conigli, ecc.,- a digestione prima enzimatica e poi fermentativa, che poligastrici ruminanti -bovini, ovini, caprini e camelidi- a digestione prima intensamente fermentativa e poi enzimatica) non hanno né la dentatura (assenza dei canini e talvolta degli incisivi superiori), né i movimenti della mandibola (esclusivamente laterali ed atti a macinare i vegetali), né l'apparato digerente (lungo circa venti volte il tronco, per permettere la digestione di molecole complesse come la cellulosa), simili a quelli dell'uomo.
L'uomo, che non ha la dentatura, i movimenti della mandibola e l'apparato digerente né dei carnivori, né degli erbivori è un essere per sua natura onnivoro, come l'orso o il maiale, col quale ultimo, al di là di scontate battute, ha una notevole affinità genomica (si pensi alla fattibilità delle sostituzioni valvolari).
L'uomo può definirsi onnivoro: non vi è dubbio che il suo organismo sia programmato per una dieta che contenga, in varia proporzione, protidi, glucidi e lipidi. Senza avventurarsi in argomenti complessi di biochimica come la glicolisi, il ciclo di Krebs, la fosforilazione ossidativa, la via dei pentoso fosfati (HMP shunt), la gliconeogenesi, la beta-ossidazione, la biosintesi del colesterolo, il catabolismo degli aminoacidi, il ciclo dell'urea (Krebs Henseleit), metabolismo anaerobico alattacido (reazione di Lohmann), ecc., cardini dei processi anabolici e catabolici dell'organismo umano, tendenti all'omeostasi, basti ricordare che gli aminoacidi essenziali (quelli che non riusciamo a produrre, ma che dobbiamo introdurre con la dieta) sono prevalentemente contenuti nelle proteine di origine animale, mentre la vitamina B12, essenziale per lo sviluppo e la salute del nostro sistema nervoso, si trova solo nelle proteine di origine animale e, in modeste quantità, anche nei prodotti di derivazione animale (uova, latte, ecc.).
Il vegetarianismo ed ancor più il veganismo e il crudismo sono, più che stili di vita, delle filosofie che ognuno di noi è libero di condividere o meno.
La dieta umana necessita di una apporto di proteine di origine animale, la cui percentuale varia nelle varie fasi della vita (maggiore nel bambino e nel giovane, minore nell'adulto e nell'anziano) e non esiste alcuna prova scientifica inconfutabile (cioè sempre riproducibile) che dimostri la diretta dannosità della dieta carnea, ma esistono solo dati statistici.
"In medio stat virtus", diceva il popolo latino e, comunque, che senso ha decidere di vivere come malati con la speranza di morire in salute?
Dr. Giacinto Mosso
Medico Chirurgo
Specialista in Odontostomatologia