E’ passata giusta giusta una settimana dall’incontro “e le navi vanno”. Non sono restato sino alla conclusione e quindi non ho ascoltato tutto. Ma ciò che ho sentito (ho ascoltato tutti gli interventi con attenzione) mi è bastato.
Mi ci sono voluti un paio di giorni per digerire quel malloppo di ringraziamenti e inchini, il tutti a dirsi quanto sono bravi, e i “ lo dice la legge” oppure i regolamenti, la sicurezza non è in discussione, va tutto bene cosi , la port autority è di Stato quindi non bisogna mettere in discussione nulla perchè è tutto a norma, e che tutti fanno per il meglio, tutti lavorano per lo sviluppo delle aziende, e che meglio di così non si può fare. Anzi no, una cosa si può e si deve fare: incrementare il traffico marittimo per portare più sviluppo e più turisti, perché è di turismo che vive l’Elba.
Quello che ho sentito è tutto vero in un certo senso. Viviamo tutti direttamente o indirettamente dell’industria del turismo. Ma il turismo mondiale sta cambiando, e sta cambiando in una maniera costante che sembra non fermarsi, il turismo e quindi chi diventa turista, oggi è molto diverso da quello degli anni ’60. Anni in cui è cominciato il boom elbano. Il turismo si sta trasformando in una clientela più esigente ma allo stesso tempo attenta e più consapevole delle proprie esigenze e diritti. Nessuno oggi si sognerebbe più di offrire ad un ospite di dormire in stanze raffazzonate con materassi di foglie di granturco. E nessun ospite- cliente accetterà per esempio, di mangiare scadente.
Sta aumentando vertiginosamente il turismo cosiddetto “ambientale”, attento ai luoghi che visita, attento a ciò che lo circonda, guarda il posto che ha scelto per le vacanze anche se di pochi giorni, con altri occhi, curiosi ma anche esigenti. Siamo tutti più abituati a viaggiare, ci spostiamo sempre più spesso, e anche noi elbani restiamo colpiti dai posti ordinati, puliti, organizzati. Ma sembra che non impariamo da ciò che vediamo in giro per il mondo, quando torniamo a casa continuiamo a fare come sempre. Continuiamo a lasciare in giro immondizia, a parcheggiare in ogni dove occupando gli spazi per i pedoni, a lordare le spiagge che invece dovrebbero essere i nostri biglietti da visita più belli, con ogni tipo di rifiuto, dalle cicche agli incarti delle merendine, e via dicendo.
Ma torniamo al convegno, e alla sua importanza, o forse alla sua mancata importanza. Il convegno era finalizzato al problema “traghetti e costi”. Ma l’Elba ha molteplici problemi, ho sentito solo il sindaco di Marciana, signora Bulgaresi, difendere con tenacia gli interessi degli elbani, e poi il sindaco di Marciana marina, Ciumei, dibattere con forza sul costo del carburante.
Non ho sentito nessuno parlare di come ridurre l’impatto ambientale che hanno i traghetti sulle nostre coste e sull’aria che respiriamo. Producono soprattutto al momento della partenza dai moli, e ne sa qualcosa chi vive nei palazzi intorno al porto di Portoferraio, una pollution incredibile, altro che polveri sottili. L’ONU ha reso noto un dato inquietante, ogni hanno ci sono nel mondo 4,5 milioni di morti per inquinamento diretto e indiretto. E’ una vera e propria guerra, e occorre vincerla al più presto. Praticamente ogni anno sparisce la provincia di Roma.
Le nazioni che si affacciano sul Mar del Nord ed i Caraibi, hanno da tempo acquisito una direttiva che obbliga gli armatori ad usare combustibile a bassissimo impatto. Gli Italiani ancora spettano che un qualche governo faccia la stessa cosa. E poi mi chiedo: chi deve controllare che dai fumaioli delle navi non escano polveri oltre i limiti consentiti?
Si cominciò a parlare a livello mondiale di inquinamento e di come ridurlo, nel 1992 a Rio de Janeiro e poi a Kyoto. A giorni a Parigi ci sarà il Climate Change Conference , a cui parteciperà anche l’Italia.
Allora concludo questo mio lungo sfogo con una preghiera indirizzata direttamente al Senatore Filippi (presente al convegno di venerdi scorso). Perché non portare l’Isola d’Elba a Parigi come esempio di buona pratica ambientalista, e cominciare a ridurre l’inquinamento dei traghetti che transitano nel canale di Piombino? Vogliamo fargli cambiare tipologia di carburante, vogliamo evitare che gli scarichi di chi usa i bagni durante la traversata, finiscano direttamente in mare? Vogliamo ridurre la velocità, anziché aumentarla con grande pubblicità, rendendo anche il tempo trascorso in nave una parte integrante delle vacanze?
Avrebbe più risonanza a livello mondiale per la nostra isola questa risoluzione che qualsiasi campagna pubblicitaria.
Se non facciamo questo, ben presto il popolo dei turisti cambierà destinazione, ed allora che ce ne faremo di tutti ‘sti traghetti?
Roberto Borra