Avendo letto l'articolo prossim o convegno su aprovvigionamento idrico all'Elba apparso sulla stampa elbana mi aspettavo di veder pubblicati dei riscontri volti a compiacersi di questa iniziativa senz'altro da considerarsi di primaria importanza, tenute presenti le condizioni effettive del sistema idropotabile elbano.
Mi permetto di farlo io con la seguente frase che introduce in maniera chiara il problema: se all'Isola d'Elba non si è avuto ancora nessun inconveniente grave riguardo la sua alimentazione di acqua potabile ciò è dovuto in modo non secondario al caso, alla fortuna. Faccio seguito obbiettando che una entità come l'Isola d'Elba non può lasciare al caso la sopravvivenza o la grave perdita della sua attività turistica che potrebbe derivare da una grave crisi idropotabile.
Prima di passare ad alcuni dettagli vorrei subito precisare come non esista acquedotto di una certa importanza che non abbia un sistema di riserva atto a subentrare in caso di panne di una qualche struttura. Tanto per fare degli esempi esistono grandi serbatoi che alimentano la rete in caso di problemi nella normale alimentazione idrica ma soprattutto esistono interconnessioni tra acquedotti viciniori che sono in grado di soccorrersi reciprocamente in caso di guasti di qualunque tipo dell'uno o dell'altro acquedotto. Nel caso dell'Isola d'Elba è ancora più grave non avere nessun sistema di riserva ai vari ed incombenti pericoli e prima di tutto alla possibilità di guasti della condotta sottomarina, vista la insularità che rende estremamente difficile qualunque altro tipo di soccorso esterno agli acquedotti elbani.
L'ASA, Ente gestore degli acquedotti, ha progettato di realizzare una grande riserva d'acqua in loco atta, un volta completate tutte le opere, non solo a rendere autonoma ed idricamente autosufficiente l'Isola, ma soprattutto a costituire, fin dalla prima fase di lavori, quella provvidenziale riserva di cui si è detto. La colossale opera sarà costituita da ben 21 laghetti sparsi in tutto il territorio il primo dei quali, denominato “Condotto”, è già stato costruito ricavando da una cava dismessa un invaso di ben 80000 mc con i quali i danni della paventata rottura della condotta sottomarina sarebbero già scongiurati essendo in grado di alimentare gli utenti per i giorni necessari per le riparazioni.
Chi scrive questa nota, come già fatto più volte, nutre seri dubbi sull'efficacia dei laghetti sopratutto in merito alle loro perdite d'acqua per la mancata tenuta del fondo lago e per la evaporazione, in merito al pericolo di inquinamenti provenienti da varie cause e prima di tutto dai materiali precedentemente interrati nel fondo lago ed infine alle difficoltà di eseguire il trattamento di potabilizzazione in 21 laghetti sparsi in lungo ed in largo.
Si tratta però di un parere personale che, pur essendo stato pubblicato più volte, non ha mai trovato risposta. Ritengo ora che una schiarita da parte dell'ASA con la quale spiegasse quando e come il laghetto Condotto sia già in grado di rimediare ai pericoli indicati fugando così i timori degli organizzatori del convegno citato.
Comunque quello che preme sottolineare è la differenza che esiste tra un invaso come quello realizzato da ASA ed il corrispondente che sarebbe rpossibile realizzare nel sottosuolo tramite un serbatoio-galleria rivestito in calcestruzzo e protetto da una verniciatura epossidica. Ad esempio la costruzione di un serbatoio sotterraneo in sostituzione del laghetto “Condotto” avrebbe comportato la costruzione di una galleria da 12 m. di diametro e lunga solo 700 m facilmente realizzabile senza danni ambientali ma offrendo vantaggi notevolissimi rispetto al laghetto.
D'altra parte la soluzione del serbatoio-galleria è spiegata anche alla pag 173 del testo “Un acquedotto in mezzo al mare” di cui si parla nell'articolo che annuncia il convegno.
Marcello Meneghin