E’ importante che un territorio sia diventato consapevole delle conseguenze per la biodiversità e l'agricoltura della scellerata introduzione nelle isole di ungulati alloctoni a fini di divertimento venatorio o addirittura “ornamentali”, come avvenuto negli anni ’80 in occasione dell’istituzione del fantomatico Parco di Monte Capanne voluto dai 3 Comuni dell’Elba Occidentale. Ha ragione la sindaca Bulgaresi, alla quale bisogna dar atto di essere stata l’unico sindaco elbano a chiedere con coerenza l’eradicazione di cinghiali e mufloni, così come ha fatto con atti ufficiali e pratiche concrete il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Purtroppo non hanno fatto altrettanto gli altri sindaci elbani e la Comunità del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, che non sono mai andati al di là delle lamentazioni e che non hanno mai messo in atto le promesse di interventi che si erano solennemente impegnati a fare, appoggiando sempre le inefficaci proposte dei cacciatori che hanno tutto l’interesse a mantenere una popolazione di cinghiali fiorente e ai quali non sembra interessare molto l’abbattimento selettivo dei mufloni.
Un atteggiamento che riguarda anche la Regione Toscana e la Provincia di Livorno che, pur non avendo mai fatto applicare le loro molto discutibili leggi venatorie, indicano comunque l’Elba come "area non vocata" per il cinghiale: quindi, area dove la popolazione di ungulati introdotti va drasticamente ridotta. In realtà – esclusi gli importanti ed efficaci interventi del Parco – nel restante 47% dell’Elba non incluso nel perimetro del Parco la gestione è stata puramente venatoria, con risultati disastrosi che sono sotto gli occhi di tutti e con una popolazione di cacciatori in rarefazione e invecchiamento che in futuro renderà difficile anche attuare interventi venatori.
Ha ragione il Sindaco di Marciana: va attuata un’eradicazione degli ungulati introdotti dall’uomo in un ambiente insulare delicatissimo e antropizzato che non è risultato in grado di sostenerli se non a discapito di flora e fauna protette da un Parco Nazionale e da Direttive europee, di un’agricoltura in forte difficoltà prima per le devastazione dei cinghiali e poi per l’invasione dei mufloni che sembrano incontenibili con le recinzioni, ed infine della sicurezza fisica delle persone.
E’ evidente che si tratta di un intervento di eradicazione che assume aspetti – anche morali ed etici – di grande rilievo e che può essere affrontata solo con l’impegno diretto del governo, attraverso il ministero dell’ambiente, e della Regione Toscana che deve passare dalle parole e dagli articoli di legge ai fatti.
E’ altrettanto evidente che un’eradicazione dei cinghiali e dei mufloni all’Elba – che gli esperti delle grandi associazioni ambientaliste e/o protezioniste che si occupano di questi problemi ritengono attuabile – è anche l’occasione scientifica e tecnica per dimostrare che l’eradicazione di grandi animali in un ambiente insulare può e deve essere fatta utilizzando le moderne tecniche che riducano al minimo sofferenza e stress per gli animali target.
L’eradicazione di cinghiali e mufloni dall’Elba, che il Parco Nazionale e Legambiente chiedono inutilmente da anni, può essere l’occasione per il Ministero dell’Ambiente e la Regione Toscana per mettere in atto un’operazione di tutela della biodiversità basata su rigorosi protocolli scientifici e di intervento.