Un recente intervento sulla questione dei cinghiali presenti sull'isola ha ben delineato come il problema del loro sovranumero, causa di vari disagi e danni ai residenti, potrebbe essere trasformato in una fonte di reddito e lavoro per giovani elbani. Stesso ragionamento può essere applicato ai mufloni, entrambe specie alloctone dell'Elba.
Bisogna ricordare però che è già in atto un piano di contenimento del numero di cinghiali, sotto il coordinamento di PNAT, effettuato appaltando la loro cattura con gabbie. Gli animali vengono poi "esportati in continente". Tutto bene sotto il profilo della loro limitazione numerica, ma non è chiaro se il ricavato di questa esportazione di carne "pregiata" ritorni, anche solo parzialmente, sull'isola agli elbani, oppure se questa operazione nel suo complesso produca un ricavo che "esce" totalmente dall'isola. Quegli animali sono una risorsa di proprietà del nostro territorio e dei suoi abitanti.
Sembrerebbe in buona sostanza che agli elbani restino danni e disagi, mentre i ricavi passino il canale in un silenzio ovattato.
I latini, maestri nell'arte oratoria, dicevano: "cui prodest?" per indicare la necessità di conoscere chi trae vantaggio da un'attività.
Gli elbani, in quanto legittimi proprietari di questo patrimonio venatorio, hanno il diritto di essere messi a conoscenza dei dettagli economici di questa operazione: finora sulla stampa è apparso solo il dibattito sul piano scientifico e ciò non è sufficiente.
Alberto Nannoni