Le proposte che il Ministro Clini ha presentato per modificare la legge quadro sulle aree protette (394/91) e contenute in un provvedimento in discussione alla Camera (art.21 Legge 4240), sebbene motivate dalla necessità di assicurare finalmente una normale gestione degli Enti parco messi in difficoltà da strampalati provvedimenti del Governo Berlusconi, presentano molti aspetti positivi, ma non quella dose di coraggio che ci sarebbe piaciuta.Innanzitutto perché non colgono i punti più innovativi che la discussione sulla modifica delle legge sui parchi, promossa dalla Commissione Ambiente del Senato con il disegno di legge 1820, ha fatto emergere in questi ultimi mesi.
Approviamo certamente la proposta di cancellare le Commissioni di riserva delle Aree marine protette, strumento considerato inutile da tutti tant’è che Legambiente da almeno dieci anni non nomina in questo organismo suoi rappresentanti, e che recentemente insieme a Federparchi avevamo chiesto di cancellare definitivamente. Condividiamo altresì la decisione, contenuta in un altro emendamento, di abolire l’albo degli idonei all’esercizio della professione di Direttore di parco, per passare a una modalità di reclutamento in linea con la prassi consolidata nella pubblica amministrazione che richiede, oltre ai requisiti, il ricorso al bando di evidenza pubblica.
Ci convincono meno invece le modifiche proposte per la composizione del Consiglio Direttivo e per la nomina del Direttore dell’Ente. In particolare evidenziamo il rischio di centralismo implicito nei criteri di nomina del Direttore del parco che vanno in direzione opposta a quanto espressamente richiesto dal mondo delle aree protette. A ciò si aggiunga l’esautoramento del Consiglio direttivo stesso, che non è più chiamato a fornire la terna dei candidati al ruolo di direttore, compito che spetterà al Presidente. Con questa scelta si dovrebbe certo garantire un maggior affiatamento tra Presidente e Direttore, ma il Ministro eserciterà un potere di nomina su una figura apicale che è un libero professionista, che deve garantire l’operatività di quanto deciso dal Consiglio direttivo, organismo collegiale che però non partecipa alla scelta del soggetto in questione.
Ugualmente non siamo convinti della mancata inclusione nel Consiglio direttivo di un rappresentante del mondo agricolo, un settore che da anni reclama maggior coinvolgimento per integrare sempre di più le proprie attività con la conservazione della biodiversità. Una richiesta che Legambiente ha sempre sostenuto e che l’intero sistema delle aree protette italiane si aspettava. Mentre è chiaro il ruolo che l’agricoltura può svolgere per rilanciare i parchi, non comprendiamo a quale obiettivo risponda, invece, la presenza di un componente, sui tre nominati, in rappresentanza del Ministero, che risulta ridondante visto che già è prevista la presenza di un rappresentante tecnico indicato dall’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale).
Sul punto della separazione dei ruoli, invece il Ministro ha fatto molto bene a presentare un emendamento che circoscrive gli ambiti della sorveglianza che il Ministero deve esercitare sugli Enti parco limitandola ai soli atti fondamentali (approvazione dello statuto, dei regolamenti, bilanci annuali e delle piante organiche). Sulla nuova delimitazione della sorveglianza esercitata sugli Enti parco, il Ministero ha fatto finalmente chiarezza, definendo le sue competenze, facendo di fatto un passo indietro e lasciando il resto delle responsabilità agli Enti parco che, in quanto enti autonomi di diritto pubblico, devono esercitare fino in fondo questa loro prerogativa. Il nostro auspicio è che con l’emendamento approvato, ma anche con altre decisioni che dovranno intervenire, gli enti parco, pur mantenendo la loro specifica missione, funzionino di più come un buon comparto della pubblica amministrazione, soprattutto per quanto riguarda il rapporto con i cittadini e le comunità locale, senza perdere di vista, ovviamente, il loro essere l’unico soggetto a cui è demandata la conservazione della natura promuovendo, al contempo, lo sviluppo sostenibile locale.