In molti avevamo già considerato un fatto negativo che le questioni ambientali non avessero superato neppure il muro del suono delle primarie che pure hanno avuto il merito non da poco di avere riportato il confronto politico e istituzionale sui temi veri della crisi del paese.
Le cose,se possibile, si sono aggravate con la crisi di governo che lascia in sospeso un quadro già gravissimo e non solo all’ILVA.
Tra le ultime decisioni in sede parlamentare, come hanno avuto modo di denunciare in particolare le associazioni ambientaliste ma anche molti altri, ve ne sono alcune,ad esempio, passate -possiamo dire- di contrabbando, sui parchi e le aree protette che confermano lo stato confusionale del nostro ministero dell’ambiente. Mi riferisco alla vicenda dei direttori dei parchi nazionali che li deciderà il ministero che va ad affiancarsi e aggiungersi ad altre simili quando non peggiori. Ben poco da sperare quindi che le cose possano migliorare ora con l’apertura della crisi. E allora?
Allora si accrescono e non poco in questa fase le responsabilità delle regioni e degli enti locali. E’ chiaro che esse non possono -neppure se lo volessero- sostituirsi al governo e al ministero, ma possono sicuramente immettere nel circuito regionale decisioni importanti destinate comunque a lasciare un segno che chi verrà dopo, non potrà ignorare. Penso innanzitutto alla Toscana che sta vivendo una fase estremamente critica di governo sulle questioni ambientali –suolo, paesaggio, tutela della natura- la cui gestione presenta molte criticità, incertezze ed anche errori che si fatica ad affrontare e correggere con la determinazione e chiarezza necessari. Il primo e più grave ritardo –di anni ormai- attiene ai livelli di ‘adeguatezza’ e ‘differenzazione’, per usare due termini costituzionali, a cui questi aspetti vanno affrontati perché consentano politiche di programmazione non frammentarie che non si perdano cioè nei mille rivoli di una gestione localistica e disarticolata.
Solo così e a questi livelli specie dopo la crisi delle province anche la partecipazione ha un senso non meramente formale quasi da foglia di fico.
D’altronde basta scorrere le cronache per capire dalla Val di Cornia all’Arcipelago toscano, da San Rossore alle Apuane alle Foreste Casentinesi -da mesi senza presidente mentre quelli in carica nei parchi regionali come sappiamo non beccano un euro. E poi il Magra-Vara, l’Ombrone, il santuario dei cetacei per cogliere quei fenomeni d’area vasta concretamente e non nella vaghezza di cui si è fatto in questi mesi indigestione. E qui gli inghippi e ritardi sono in più d’un caso di anni; vedi la nuova legge sui parchi e le aree protette sempre rinviata mentre si sono accettate senza colpo ferire norme come quelle del Codice dei beni culturali che hanno creato non semplici problemi anche per il piano paesaggistico regionale. E non parliamo delle ANPIL –aree protette locali prive oggi di regole chiare ed efficaci.
A questo non deve e non può rimediare il ministero ma la regione che deve finalmente farsene carico se vogliamo garantire un efficace governo del territorio che richiede una vera partecipazione che può essere assicurata però in primo luogo da organi e soggetti istituzionali preposti appunto alle leale collaborazione istituzionali su cui ha fallito il titolo V.