Lo scorso 25 gennaio è stato firmato un importante accordo di collaborazione scientifica tra il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, l’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR di Pisa e il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa. L’accordo ha come scopo la prosecuzione dell’attività di monitoraggio quali-quantitativo della risorsa idrica sotterranea dell’Isola di Pianosa, con approfondimenti specifici ai fini di un piano di attingimento idrico più sicuro e sostenibile.
Il progetto, che ha trovato collaborazione anche nella Casa di Reclusione di Porto Azzurro, è stato voluto dal Parco grazie alla lungimiranza del Consiglio Direttivo, in particolare del consigliere Dott. Alessandro Damiani geologo elbano e all’attenzione del Direttore Dott.ssa Franca Zanichelli, che hanno compreso l’importanza della conoscenza, del monitoraggio e della gestione della risorsa idrica, sempre preziosa, in particolare su un’isola così delicata come Pianosa.
L’Isola di Pianosa, una delle più caratteristiche dell’Arcipelago Toscano, ha un elevatissimo pregio ambientale ed è sottoposta ad un flusso turistico estremamente controllato. È noto come il sottosuolo dell’isola contenga un’importante riserva idrica che attualmente riesce a soddisfare le esigenze idropotabili e irrigue di coloro che vi risiedono (è presente anche la sede distaccata del penitenziario di Porto Azzurro), nonché dei turisti in transito.
«Contrariamente a quanto alcuni sostenevano, un po’ per convinzione, un po’ seguendo leggende d’altri tempi, i dati scientifici attualmente a disposizione suggeriscono che la risorsa idrica pianosina non abbia origini particolarmente lontane (Isola d’Elba o addirittura Corsica), ma sia alimentata essenzialmente dalla poca acqua piovana che cade sull’isola e che trova un terreno permeabile per infiltrarsi». Questo ci raccontano i due geologi, il Dott. Marco Doveri (CNR - Pisa) e il Prof. Roberto Giannecchini (Università di Pisa), a capo del gruppo di ricerca che da alcuni anni studia questa preziosa risorsa.
Lo studio riguarda i meccanismi di ricarica dell’acquifero e soprattutto la sua vulnerabilità sia allo sfruttamento che alla contaminazione dall’acqua di mare, grande nemica dell’acqua sotterranea. «Ma Pianosa - continuano i due studiosi - proprio perché pressoché incontaminata, è anche un laboratorio strategico con cui seguire l’evoluzione nel tempo della risorsa idrica in funzione dei cambiamenti climatici, contribuendo così alla comprensione dei possibili effetti sull’ambiente e sulla vita dell’isola, ma anche del contesto Mediterraneo in cui si inserisce».
Pianosa oggi si regge praticamente su un unico pozzo, vecchio, e questo importante studio cercherà di dare risposte anche per una maggiore sicurezza idropotabile, senza trascurare la sostenibilità del sistema acquifero.