Vorrei tornare sulle ragioni e i rischi della decisione di inserire confusamente e malamente una serie di modifiche alla legge quadro sui parchi, ma anche a quella sul mare precedente a questa in un provvedimento destinato a non essere approvato in via definitiva in questa legislatura giunta ormai a termine.
Modifiche per altro non necessarie ai fini del provvedimento rivolto principalmente a regolare taluni finanziamenti e –come vedremo- in palese contrasto con una Direttiva recentissima del ministro dell’ambiente Clini sull’impegno dei parchi ed anche con i programmi del ministro alla coesione Barca che prevedono un ruolo importante dei parchi e delle aree protette nelle politiche appunto di integrazione –ossia di leale collaborazione istituzionale-, condizione indispensabile per qualsiasi seria politica nazionale.
Ignorando tutto questo ci si è invece ostinati a immettere frettolosamente un testo sconclusionato, pasticciato e contraddittorio con il quale si modifica e si penalizza disinvoltamente una legge speciale come la 394 in passaggi chiave che riguardano quel rapporto fondamentale di collaborazione tra stato, regione ed enti locali, senza il quale non sarà possibile alcun rilancio non soltanto dei parchi, ma anche più in generale per le politiche dell’ambiente a partire proprio dal mare.
Per cogliere le contraddittorietà di questa legge per molti aspetti quasi illeggibile non è necessario essere passati dalle aule parlamentari. Due aspetti tuttavia sono fin troppo chiari: il primo è che lo stato sfratta le regioni dalla gestione marino- costiera prevista non solo dalla 394 e dalle 426 ma già prima dalla legge sul mare la 979, il secondo che il ministero da se suonerà e canterà sentendo qualche volta le regioni (non d’intesa naturalmente), che dovranno rispondere alla svelta, risposte che il ministero potrà tranquillamente ignorare e buttare nel cestino. Qualora qualcuno se lo fosse dimenticato stiamo parlando del mare e delle coste, del santuario dei cetacei, delle vicende dell’Arcipelago Toscano e i suoi veleni, dell’isola del Giglio e della navigazione marittima, delle trivellazioni, dei territori disastrati di Portovenere, delle 5 Terre e di tanto altro, ma a tutto penserà il ministero e le regioni possono tranquillamente essere mandate in pensione. E’previsto ad esempio un Comitato nazionale per le aree protette dove c’è ovviamente il ministero, il CFS e le Capitanerie di porto, ma non le regioni e gli enti locali. Cosa vuoi di meglio.
Si dirà -ed è vero- ma tanto questa legge ora non potrà essere approvata e riguarderà semmai il nuovo parlamento.
Ma è proprio questo che non convince.
Sembra che per qualcuno questo sia un modo di inviare al nuovo parlamento un messaggio in bottiglia; insomma dovrete ripartire da qui. Ma è proprio questo che rende la proposta pericolosa e inaccettabile.
E’ semmai sorprendente che proprio alcuni di quelli che oggi si sgolano di più per rivendicare una presenza ambientalista forte nelle nuove camere non abbiamo di meglio da offrire se non questo pasticcio a cui hanno dato colpevolmente una mano. Davvero si dovrebbe ripartire con uno sfratto delle regioni e degli enti nell’ambito di un comparto come i parchi e le aree protette? Davvero di questo hanno bisogno oggi i parchi già mazziati e cornuti?