Quasi un rito magico, risalente almeno al VII secolo A.C, quello officiato nella mattinata di giovedì nel mare di Porto Azzurro. 'Gran sacerdote' Antonio Arrighi che, coadiuvato dalle due laureande in viticoltura Giulia Arrighi (UniFI) e Naomi Deaddis (UniPI) che su questo faranno la loro tesi di laurea, e l'enologa Laura Zuddas, ha riprodotto la tecnica propedeutica all'appassimento dell'ansonica, utilizzata dai greci dell'isola di Chio, nell'Egeo orientale, duemilaseicento anni fa.
L'esperimento scientifico, novità mondiale assoluta, nasce dalle ricerche del Professore Ordinario di Viticoltura all'Università di Milano, Attilio Scienza, ospite fisso ai convegni di 'Elbaeleatico'.
La mattinata è cominciata presto, all'Azienda Arrighi di Pian del Monte, nell'anfiteatro di viti ubertose, tagliando quasi due quintali di grappoli necessari a riempire 7 nasse di vimini (rivestite di rete a maglia fine, anti intrusione ittica). Con l'aiuto delle imbarcazioni degli esperti sub Francesco Croci (Lavori Subacquei) e Piergiacomo De Cecco, con Chiara Luciani (Biodivers-Elba Sea Academy), oltre al gommone logistico di Nicola Squarci, si è raggiunto il punto in mare dove sono state immerse ed assicurate dai sub ad una catenaria alla profondità di circa 6-7 metri, su di un fondale di 9-10 mt.
Lì resteranno per 48 ore, il tempo necessario perchè l'azione salina elimini dalla spessa buccia dell'ansonica la patina di pruina, il velo ceroso che si deposita sulla superficie di alcuni frutti (susine, uva, ecc.) o di alcune foglie.
Questa procedura dovrebbe accelerare poi il tempo di disidratazione, conservando così nel frutto aromi e qualità organolettiche superiori. L'esperimento, per essere scientificamente valido, sarà comparativo, con un'analoga quantità di uve ansonica delle stesse piante, appassite senza immersione in mare. Tra due giorni, quindi, il recupero, cui seguirà l'appassimento al sole e la successiva pigiatura per estrarre il nettare che verrà lasciato fermentare, probabilmente con le bucce, in anfore di terracotta.
Tutte le operazioni sono state filmate e fotografate (anche sott'acqua) e costituiranno prezioso materiale che, al festival del vino di Montpellier del 2019, servirà a documentare l'esperimento.
Il vino prodotto nell'isola greca di Chio- ricorda il Prof Scienza – viaggiava nel Mediterraneo verso la Sicilia, la Toscana etrusca, Marsiglia e, nel viaggio di ritorno, i dinamici mercanti greci si fermavano all'Elba e sulla costa toscana per caricare materiali ferrosi da fondere; le tracce di questo passaggio e delle merci trasportate sono nei relitti ritrovati, nelle anfore (riconoscibili quelle chiote per il design dello scultore Prassitele), perfino nelle analogie genetiche di un set di vitigni dell'isola del Giglio e della Toscana tirrenica con altri provenienti dal bacino del Mediterraneo, riscontrate di recente dai ricercatori DUPROVE, dell'Università di Milano, tra il vitigno Ansonica-Inzolia e i vitigni dell'Egeo orientale Rhoditis e Sideritis.
L'antichissima arte della viticoltura, se sapientemente perseguita come all'Elba, si conferma ancora una volta (dopo la scoperta del 'brand' Hermia negli scavi archeologici della Villa romana delle Grotte) il filo rosso che consente di rileggere la Storia di un territorio, per farne conoscere l'anima unica e irripetibile.
CR
LA FOTOCRONACA DELL'ESPERIMENTO