La Regione Toscana e l’Università di Firenze Facoltà di Architettura hanno pubblicato un volume in cui sono raccolti le ricerche e gli studi che sono stati oggetto anche di incontri promossi dalle Università toscane d’intesa con la regione per predisporre il piano paesaggistico, sulla base dell’intesa con il ministero dei beni culturali che dovrà rivedere, modificandolo, il PIT.
Come ricorda nella presentazione l’assessore Anna Marson si tratta di ‘intervenire su diverse componenti del PIT, il Piano di Indirizzo Territoriale regionale di cui il Piano paesaggistico è parte integrante.’ Il passaggio dalle 38 schede del PIT ai nuovi 20 ambiti non dovrà solo rivedere la ‘misura’ degli interventi ma quella integrazione tra paesaggio e territorio che il PIT per molti versi ignorava o banalizzava.
L’introduzione di Daniela Poli dell’Università di Firenze ripercorre questo cammino chiaramente ‘autocritico’ volto a renderlo ‘un dispositivo cruciale di coordinamento delle politiche regionali e locali che, in modo diretto o indiretto , attengono a risorse e valori territoriali e non solo paesaggistici’. Insomma il paesaggio come PONTE tra natura e cultura a cui sta lavorando anche il Politecnico di Torino sul piano europeo.
Paolo Baldeschi in riferimento ai progetti locali parla di Parchi agricoli periurbani multifunzionali, di Parchi fluviali e Progetti di riqualificazione e valorizzazione di aree industriali dismesse e/o degradate.
Subito dopo Alberto Magnaghi ricorda i guai della Val d’Orcia dove la presenza di una ANPIL di dimensioni stratosferiche non ha impedito scelte ambientali poco esaltanti per cui quelle realtà richiamate da Baldeschi appaiono ancora eludere in tutta la loro portata la vicenda dei parchi in Toscana che è rimasta irrisolta e di cui non si parla neppure più.
Ecco perchè la seria revisione del PIT nel senso che il piano paesaggistico deve riuscire a integrare e coordinarsi con le altre politiche di settore e quindi anche i Piani dei parchi nazionali e regionali e non solo quelli elencati.
Non dimenticando peraltro che in Toscana abbiamo appunto anche le ANPIL ( vedi Val d’Orcia), i parchi provinciali che dovrebbero o –dovevano-entrare in quel circuito più ampio della dimensione meramente locale resa oggi sicuramente più complicata dal destino delle province le cui implicazioni sembrano tuttora non figurare nelle riflessioni avviate.
Proprio in un intervento di Daniela Poli mi ha colpito, ad esempio, il riferimento alla val di Cornia che struttura l’importnate ambito delle colline Matallifere, che da mare (Elba e golfo di Follonica) e della costa (Follonica, Piombino, Scarlino) arriva alle colline interne interne di Sassetta, Massa, Montieri, Gavorrano,ecc.’ Mi ha colpito perché ho da poco scoperto alcuni importanti studi di alcuni anni fa della regione in cui si ipotizzava un’area protetta di cui però si sono perse le tracce che stanno solo da poco e per fortuna riemergendo si spera questa volta con maggiore successo grazie anche al nuovo piano paesaggistico.
Insomma se si vuole -come sembra- che il nuovo PIT preveda finalmente anche quella riforma della legge sui parchi di cui da tempo neppure più si parla, occorre che il nuovo piano paesaggistico lo preveda superando anche la separazione introdotta dal nuovo codice dei beni culturali tra pianificazione ambientale e paesaggistica dei parchi; che siano terrestri o marini, nazionali, regionali o locali.
Renzo Moschini- Presidente Gruppo San Rossore
Foto: Spiaggia di Fonza di Umberto Segnini