A Legambiente dell'Arcipelago stanno arrivando da cittadini e turisti segnalazioni come questa giuntaci via e-mail il 17 maggio 2013: «Ieri mi trovavo sul viale delle Ghiaie e ho notato, dato anche il frastuono, che sulla spiaggia stava lavorando una ruspa caterpillar, cingolata, per rimuovere la posidonia.
Sapete, per caso, a quale ente è possibile fare una segnalazione per avviare una indagine su chi ha dato un permesso di questo tipo? Molti ciottoli sono stati spezzati e frantumati, e non si riformeranno dall'oggi al domani».
La spiaggia è quella delle Ghiaie, praticamente nel centro di Portoferraio, all’Isola d’Elba, famosa in tutto il mondo per i suoi sassi levigati, bianchi e picchiettati di nero, a causa, dice il mito, del sudore degli argonauti che hanno tirato in secco la loro nave proprio su quella costa. Una spiaggia che affonda la sua storia nel mito e che proprio per questo sta subendo da anni il furto dei suoi sassi come souvenir storico/turistico.
Mandare una ruspa cingolata a togliere la posidonia spiaggiata e a spianare la spiaggia degli Argonauti è più o meno come entrare con un carroarmato su un’antica strada romana o con un auto nel museo degli Uffizi.
La cosa sembra ancora più clamorosa perché la spiaggia delle Ghiaie fa parte dell’Area marina di tutela biologica delle Ghiaie-Scoglietto-Capo Bianco ed interventi di questo tipo non sembrano certo consoni ad una tutela che si estende necessariamente anche alla costa. Non si capisce perché si sia permesso di frantumare con i cingoli frammenti di storia e di mito come i sassi macchiati dal sudore degli Argonauti. Eppure soluzioni meno impattanti per ripulire quella meravigliosa spiaggia urbana, già erosa e maltrattata dagli sbagli e dall’ignoranza umana, ci sarebbero, a cominciare magari dall’utilizzo di mezzi non cingolati. La fretta, la noncuranza pubblica, l’omologazione turistica che spiana particolarità ed emergenze, invece di valorizzarle come unicità, la privatizzazione strisciante e prepotente delle spiagge elbane, ci stanno facendo dimenticare le nostre radici marittime, trasformando luoghi eccezionali e mitici in semplici siti balneari, in litorali banalizzati dai cingoli di una ruspa che spiana e trita.