La mia azienda agricola si trova nella piana di Lacona.
Ho sempre avversato le recinzioni, penso che dove sia necessario definire una proprietà o una funzione d'uso si possano utilizzare siepi o semplici staccionate. Ma ora devo recintare tutto se voglio ancora produrre qualcosa sottraendo le colture alla devastazione sistematica operata dai cinghiali. Il costo è umano, economico, paesaggistico, energetico. Ma la drammatica emergenza coinvolge l'intera comunità elbana, a vario titolo, come da troppo troppo tempo evidente a tutti.
Ora la regione Toscana non ha più alibi per continuare a rimandare una strategia efficace per il contenimento a zero degli ungulati alloctoni.
Sulla scorta dell'iniziativa di mobilitazione del Comitato per l'eradicazione del cinghiale dall'Elba che ha preso corpo negli scorsi mesi, a partire dalla elaborazione di un corposo e rigoroso documento di approfondimento scientifico e storico della questione, la Comunità del Parco ha deliberato unanimemente la richiesta urgente alla Regione di revocare l'area vocata per la caccia al cinghiale e di predisporre un piano di intervento mirante al contenimento a zero. La delibera (invocata da anni da parte delle aziende agricole) è stata avallata da tutte le amministrazioni comunali, dal P.N. e dalle associazioni ecologiste. Un passo avanti storico, ma ora siamo ad una fase decisiva:
la Regione dovrebbe autorizzare il P.N. a procedere con gli incarichi per la redazione di un piano operativo di contenimento a zero di cinghiali e mufloni, riconoscendo la specificità insulare, anche in relazione alla fragilità degli equilibri ecologici di un ambiente unico racchiuso in un piccolo territorio. Il momento è particolarmente favorevole quanto a possibilità di reperimento delle risorse necessarie utilizzando progetti "life" o il next generation E.U. Perso questo treno, temo ci si dovrà rassegnare alla definitiva devastazione della biodiversità e dell'assetto idrografico nonché delle campagne e dei giardini.
Fondamentale, nelle prossime settimane, incalzare la Regione richiamandola alle proprie responsabilità. Il rischio è che si affidi nuovamente la soluzione del problema a chi lo ha generato, ovvero le organizzazioni venatorie. Con un paradosso e un errore di calcolo. Il paradosso è nel conflitto di interesse che porrebbe i cacciatori (attraverso una gestione degli A.T.C.) nella condizione di essere al contempo coloro che hanno interesse a mantenere le popolazioni di ungulati per poterli cacciare (sperando in nuove aree vocate o di "soppiatto") e coloro che, su incarico della Regione, dovrebbero assicurarne l'azzeramento sul territorio. L'errore di calcolo è nel puntare sull'efficacia della attività venatoria nel perseguire il contenimento. Infatti i cacciatori sono ormai pochi e anziani e le modalità di caccia privilegiate (braccata) sono un fattore di stimolo alla riproduzione dei cinghiali in conseguenza della organizzazione sociale della specie.
Dopo tanti anni di tentativi di mobilitazione per chiedere di risolvere l'emergenza ungulati, tentativi sempre naufragati sulla ignavia delle amministrazioni competenti e sul potere di interdizione del mondo venatorio, si avverte molta (quanto giustificata) rassegnazione al peggio. Ma si è aperta una opportunità, che non va sprecata. Facciamo sentire con rinnovata forza la nostra voce alla Regione affinché si assuma finalmente la responsabilità storica di sottrarre il territorio insulare ad un destino di impoverimento ecologico, agricolo, paesaggistico ed infine economico nonché di sempre più marcata instabilità idrogeologica. Occorre un sussulto di dignità istituzionale e di coraggio politico per assicurare un finale diverso a questa annosissima quanto devastante vicenda.
Vittorio Rigoli
Comitato per l'eradicazione del cinghiale dall'isola d'Elba