Il mare dell’Isola d’Elba si sta rivelando uno scrigno di sorprendenti informazioni sulla vita delle praterie di posidonia oceanica, sui meccanismi che la regolano e su quando siano importanti per l’equilibrio ambientale e climatico del Mediterraneo e del Pianeta.
Infatti, dopo il recente studio ”Terrestrial-type nitrogen-fixing symbiosis between seagrass and a marine bacterium”, pubblicato recentemente su Nature e realizzato a Fetovaia e a Pianosa, un team di ricercatori tedeschi del Max-Planck-Instituts für Marine Mikrobiologie e dell’ HYDRA Marine Sciencesche ha campionato i sedimenti sottostanti le praterie di praterie di Posidonia oceanica , vive e morte, nella baia di Fetovaia all’Isola d’Elba durante tre campagne svoltesi in due anni consecutivi, e ora ha pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) lo studio “Diverse methylotrophic methanogenic archaea cause high methane emissions from seagrass meadows” nel quale rivela cosa controlla la produzione e il rilascio di metano dalle praterie di fanerogame.
Le praterie di fanerogame marine ricoprono le regioni costiere poco profonde dei mari temperati e tropicali di tutto il mondo e costituiscono la base di un ecosistema essenziale che ospita numerosi animali, comprese specie in via di estinzione come tartarughe marine, ippocampi e pesci. Inoltre proteggono le coste dall’erosione e sequestrano ogni anno dall’atmosfera milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO2). Ma le praterie sottomarine emettono anche metano (CH4), l’idrocarburo più semplice che è anche un potente gas serra.
Il team guidato dalla biochimica Sina Schorn del Max Planck ha prima studiato da cosa si forma il metano nelle praterie di posidonia di Fetovaia e ora spiega: «Le fanerogame marine, come molte piante terrestri, formano grandi depositi di torba sotto la superficie dei sedimenti. È noto che le torbe terrestri rilasciano grandi quantità di metano dalla decomposizione del materiale organico». I ricercatori tedeschi si aspettavano che i meccanismi alla base della produzione di metano fossero simili nelle praterie di fanerogame. Ma è successo il contrario. «Qui abbiamo avuto la nostra prima sorpresa – sottolinea la Schorn – Nei sedimenti di alghe, il metano è formato esclusivamente da una classe di composti organici. Questi cosiddetti composti metilati sono prodotti dalla stessa pianta di fanerogame. Microrganismi specializzati, gli archaea metanogenici, convertono quindi questi composti in metano».
Tra gli altri, questi composti, includono la betaina: un composto che aiuta le fanerogame marine a far fronte ai cambiamenti nella salinità dell’acqua di mare. Gli scienziati sottolineano: «Poiché gli archaea metanogenici possono utilizzare direttamente questi composti, la produzione di metano nelle praterie di fanerogame è altamente efficiente e robusta contro gli stress ambientali». Quindi la posidonia è probabilmente più resistente alle mutazioni della salinità di quanto si pensava e forse anche agli stress climatici.
«E qualcos’altro è diverso nelle praterie di fanerogame rispetto alla terraferma – dicono i ricercatori – il rilascio di metano nella colonna d’acqua è molto veloce. Innanzitutto, il tessuto vegetale agisce come una cannuccia, aiutando il gas a fuoriuscire dal fondale nell’acqua. Poiché le fanerogame marine crescono solo in acque poco profonde, i microrganismi pelagici hanno poche opportunità di consumare il metano prima che finisca nell’atmosfera. Inoltre, l’acqua di mare che scorre attraverso le sabbie su cui crescono queste fanerogame marine, “lava via” rapidamente il metano dai sedimenti».
Durante le loro ricerche all’Elba, i ricercatori del Max-Planck e di Hydra hanno campionato una prateria di fanerogame morte e l’autrice senior dello studio, Jana Milucka, a capo del Greenhouse Gases Research Group del Max Planck, racconta: «Qui ci siamo trovati di fronte a un’altra sorpresa. I tassi di produzione di metano erano simili a quelli della prateria di fanerogame intatta. Ovviamente, il metano si forma ancora nei sedimenti morti di alghe. Riteniamo che il motivo alla base di questa continua produzione di metano sia che i composti metilati persistono nel tessuto vegetale per molto tempo Potrebbero anche essere rilevati nel tessuto vegetale morto più di due decenni fa».
La Milucka ricorda che «Attualmente, stiamo assistendo a un’estinzione delle praterie di fanerogame in tutto il mondo, il che ha un effetto devastante sugli ecosistemi costieri. I nostri risultati avvertono che mentre alla morte della pianta l’anidride carbonica atmosferica non sarà più sequestrata e immagazzinata nel sedimento come ” blue carbon”, il metano potrebbe comunque continuare a essere rilasciato».
Al Max-Planck-Instituts für Marine Mikrobiologie evidenziano che i risultati dello studio realizzato sulle praterie di posidonie all’Isola d’Elba rafforzano «L’importanza delle praterie di fanerogame per il nostro clima e sottolineano la necessità di comprendere e conservare meglio questi ecosistemi. Le praterie di fanerogame sono habitat vicino alla costa e le regioni costiere sono più drammaticamente colpite dai cambiamenti antropogenici».
La Schorn aggiunge: «Dobbiamo capire come funziona l’ecosistema delle praterie di fanerogame al fine di determinare l’impatto del cambiamento globale in corso su di esso».
Dopo Fetovaia, i ricercatori del Max Planck intendono estendere le loro misurazioni ad altre regioni e ad altre specie di fanerogame marine, ma hanno anche in programma di studiare più in dettaglio i microrganismi coinvolti nella produzione di metano, «Perché sono sorprendentemente diversi e in gran parte poco studiati».
Da Fetovaia e dall’Elba potrebbero venire altre sorprese scientifiche.
Umberto Mazzantini (greenreport.it)