Una delle più belle canzoni di Leonard Cohen è “The future”, del 1992. Il cantautore canadese compone un messaggio fortemente pessimistico, quasi per rigetto di quel decennio, gli '80, irritantemente ottimistico ed edonistico. Parlando di essa in un'intervista Cohen disse: “Non esiste più una prospettiva sul futuro. È come dire: guarda! ti abitui al muro di Berlino. Ti abitui ai totalitarismi. Ti abitui all'FBI. Ti abitui allo strato di ozono con un buco in mezzo. Ti abitui alla devastazione della foresta amazzonica. Tutte queste cose sembreranno belle se verranno paragonate con quello che verrà dopo”.
Riportando le proporzioni a livello locale si potrebbe fare un paragone molto simile. L'Elba di oggi vive una situazione da “e vivono tutti felici e contenti”: non certo la fine di una fiaba. Una fiaba in cui le stagioni turistiche si allungano, ma non grazie alla mitologica destagionalizzazione, quanto a un devastante riscaldamento planetario, che ha come posta massima in gioco una sciocchezzuola: l'estinzione di Homo sapiens. Una fiaba in cui qualunque catastrofe capiti al pianeta, il turismo elbano casca sempre in piedi, il sistema Elba regge bene i disagi, e l'isola è sempre più la regina delle ferie italiane. Una fiaba in cui la società elbana è ricca, opulenta, economicamente vincente, ottimisticamente volta a un futuro turistico promettente.
“Che cazzo avete da ride'”, domanda senza giri di parole Sergio Rossi. E magari si prende l'applauso anche di quelli che fanno i conti finali della stagione turistica con il sorriso a trentadue denti e il simbolo del dollaro al posto delle pupille, e fanculo la catastrofe climatica. Quelli che, per citare Francesco Guccini, fanno “bene a aver le tasche piene e non solo i coglioni”.
Da ciò nasce questa nuova serie, con cui vorrei analizzare alcuni aspetti dell'Elba, cercando di capire se il sogno del presente non sarà l'incubo del futuro. Per ogni argomento analizzerò il passato, per rendere evidente che c'è stato un prima e un dopo, e che tra esso e il presente c'è un confine netto e definito: il boom turistico. Una tempesta culturale che ha spazzato via il passato e ha costruito il presente. Ponendoci una domanda: lo ha fatto in bene o in male? È stato un progresso o uno sviluppo mal programmato e peggio messo in pratica? Siamo ancora in tempo e in grado di correggere le criticità?
Cercherò di analizzare ogni aspetto senza ricostruzioni controfattuali, del tipo “se in quel momento si fosse fatto così e non colà, adesso...”. Il passato ci mette di fronte a dei fatti. È il presente che ci impone una riflessione, e l'opportunità di correggere un errore.
Mi rendo conto che potrei non essere in grado e preparato ad affrontare temi così difficili. Il fallimento è dietro l'angolo. Ma ci proverò, fedele all'insegnamento di Pier Paolo Pasolini, secondo cui l'intellettuale deve fare ordine là dove sembra regnare il disordine.
Ovviamente rimane sempre inteso: se non annoio chi legge.
Lo so, molte analisi peccheranno di pessimismo e trasparirà ancora una volta la mia totale sfiducia nella borghesia e nella sua sconfortante appendice, la politica amministrativa. Ma prevengo subito l'accusa che ogni tanto mi fanno: di essere un nostalgico del passato. Falso. In ogni scritto ho sempre rigettato l'idea (che anzi ritengo pericolosa e addirittura eversiva) di una perduta età dell'oro. Sotto molti aspetti sono sicuro che questi siano tempi migliori rispetto a quelli passati. Ma sottoscrivo in pieno ciò che Pasolini disse in un'intervista televisiva: “Non sono contro il progresso. Sono contro lo sviluppo. E, nella fattispecie, contro questo tipo di sviluppo”.
E prevengo anche quei fenomeni che mi daranno del profeta di sventura. Primo, perché se ne scrivo è soprattutto per un atto d'amore per la mia terra. Secondo, perché parlando del futuro cercherò di delineare qualche soluzione. Cosa che nessun pessimista cronico è uso fare. Ovviamente questi suggerimenti sono considerazioni personali, e non ho certo la pretesa di avere la verità in tasca, e men che meno la velleità di salvatore della patria. Per citare una battuta di Indiana Jones: “Nel mio corso si cercano i fatti, non la verità. Se è la verità che cercate, l'aula di filosofia è in fondo al corridoio”.
Dalla settimana prossima vedremo in che stato è il paziente elbano.
Andrea Galssi