La regione torna a discutere questa volta con associazioni e comitati del paesaggio e il piano di indirizzo territoriale. E’ il seguito del lavoro svolto dall’ Università di Firenze –su richiesta della regione-conclusosi con un documento molto critico sul PIT anche in riferimento al paesaggio di cui non sappiamo l’uso che si intende fare. Ci auguriamo naturalmente che il Piano paesaggistico regionale quale integrazione del PIT ( meglio dire però correzione non marginale) ne tenga conto ‘parlando’ a tutti come assicura l’assessore Marson. E ha senz’altro ragione l’assessore a ricordarci anche che paesaggio non significa solo natura. Vero. Ma anche natura significa paesaggio come risultò chiaro con il piano Cervellati per il parco di San Rossore. E non è un caso che al Senato si cercò senza successo alcuni anni fa di esplicitare quanto stabilito dall’art 9 della Costituzione sul paesaggio proprio in riferimento anche alla natura. Né fu un caso d’altronde che la legge sui parchi richiamando tra le sue finalità l’art 9 avesse affidato ai parchi un piano che doveva essere oltre che naturalistico anche paesaggistico.
Ma già qui non si capisce perché la norma del nuovo Codice dei beni culturali che ha sottratto il paesaggio ai piani dei parchi per ricondurli separatamente alle Sopraintendenze continui anche in questi studi e confronti ad essere ignorato pure in Toscana. Ho letto l’interessante intervento di Donatella Raugei a nome degli imprenditori agrituristici dell’Alta Maremma e della Val di Cornia in cui ricorda la presenza e il ruolo dei nostri parchi a partire da quel territorio. E se non sbaglio è l’unica che ne ha parlato il che rende anche meno spiegabile che questo dibattito regionale non coinvolga anche i parchi e il relativo assessorato da anni peraltro alle prese con una nuova legge che non riesce a tagliare il traguardo. L’integrazione del PIT come già sottolineava il documento universitario deve riguardare appunto anche i bacini e i parchi. E deve riguardarli anche in rapporto al posto che dovranno avere nella struttura regionale. Se Settis giustamente richiama sempre l’esigenza di una unificazione tra il ministero dell’ambiente e quello dei beni culturali non è il caso di verificare quale raccordo deve esserci anche in sede regionale per evitare che i parchi finiscano tanto ai margini al punto che può accadere –come è avvenuto in una recente legge regionale sul piano energetico- che i piani dei parchi debbano risultare ‘conformi’ a quello sull’energia. Un svista? O una inevitabile conseguenza di questa continuo rinvio di un tema che già il PIT metteva in cantera di fondo. Va infine aggiunto che lo stato di crisi e di confusione nazionale sul ruolo dei parchi se da un lato richiede una maggiore chiarezza anche in sede regionale dall’altro lato i ritardi e le troppe incertezze accrescono i rischi per il loro futuro.
Renzo Moschini