Pillola di Scienza natalizia e insolita, composta da un piccolo preambolo, da una breve storia che potrete leggere ai vostri bambini e da una postilla “per i più grandi”. Buona lettura e buone feste!
Marco Sartore
Piccolo Preambolo
Come fa Babbo Natale a portare i regali a tutti quanti in una sola notte ? È una domanda non così rara dei bambini, specialmente di quelli più curiosi e intelligenti. Ed è anche un’occasione per gli adulti per distinguersi dalla massa di coloro che proprio ai bambini rispondono con distacco e superficialità, al punto da aver indotto i più estrosi ad inventare simpatiche barzellette intorno a questo ‘modus operandi’ (ad esempio: “Babbo, dove sono gli Appalachi ? Chiedilo a Mamma, è lei che mette a posto e nasconde tutto in questa casa !”).
Un caso emblematico è certamente il candido quesito: “Perché il cielo è blu ?” a cui una persona superficiale tipicamente risponde: “E come volevi che fosse ?”, azzittendo così una preziosa voglia di conoscere del bimbo e inducendo il curioso a desistere nel fare ulteriori domande, invitandolo in questo modo ad occuparsi di cose certamente più semplici e meno interessanti. Portò alla ribalta questo caso Philip Plait, un astronomo divulgatore che disse in una conferenza: “Se tuo figlio ti chiede perché il cielo è blu, tu spiegagli che quel colore è dovuto alla diffrazione di Rayleigh dei raggi solari quando incontrano le particelle nell’atmosfera e alla carenza di recettori del viola nella nostra retina” [A]. Una frase decisamente provocatoria che può far sorridere, ma anche scoprire il senso profondo per cui fu pronunciata: per scuotere l’atteggiamento degli adulti verso una più attenta considerazione delle domande solo apparentemente banali e inutili che provengono dai bambini, ma soprattutto per sottolineare che le risposte date loro devono sempre essere corrette, pur nel rispetto del gioco e della fantasia che non deve mai essere oscurata da noi adulti.
Questa Pillola di Scienza dunque non contiene un singolo argomento, come di norma in questi miei articoli, ma una serie di spunti racchiusi in una storia per rispondere alle domande natalizie dei bambini curiosi e per invogliarli a comportamenti virtuosi [1], lasciando largo spazio alla fantasia senza per questo dire cose concettualmente errate. Dunque… come fa Babbo Natale a portare i regali a tutti quanti in una sola notte?
La storia per i bambini
Babbo Natale è un essere molto speciale e così come i super eroi si muove a velocità elevatissima, vicina a quella che ha la luce quando viaggia nel vuoto. E siccome per chi va così veloce l’aria non è molto diversa dal vuoto, Babbo Natale si sposta a una velocità di quasi 300.000 chilometri al secondo. È una velocità pazzesca, pensate che in un solo secondo lui riesce a fare il giro dell’equatore terrestre ben 7 volte ed è anche per questo motivo che non riusciamo mai a vederlo nemmeno se stiamo svegli qualche ora in più.
Babbo Natale è stato un grande amico di un famoso scienziato di nome Albert Einstein, che gli ha spiegato per filo e per segno alcuni “segreti” delle cose che viaggiano così veloci [2]. Tra queste la più importante è che gli orologi vanno più piano, cioè rallentano rispetto ai nostri: chi viaggia così veloce non ha proprio tempo di invecchiare, ecco perché Babbo Natale è sempre uguale da migliaia di anni e sarà sempre lo stesso, con la sua folta barba bianca.
Ma il suo amico Albert gli ha insegnato una seconda cosa meravigliosa [B] che succede a chi come lui e come i super eroi va così veloce: non solo il tempo per loro si allunga, ma addirittura le lunghezze si accorciano ! Questo significa ad esempio che per Babbo Natale la distanza fra l’Isola d’Elba e Roma non è di tanti chilometri come quando noi ci andiamo in auto o in treno, ma di pochi metri. Quindi per lui le case dei bambini sono tutte più o meno vicine e passare da un camino all’altro non significa percorrere lunghe distanze. Tutto questo sembra pazzesco e incredibile, ma gli scienziati hanno raccolto tantissimi dati che confermano questi insegnamenti di Albert.
Voi direte: ma almeno la scia di fumo della slitta dovremmo vederla in cielo. A parte che è difficile in quanto viaggia di notte, in realtà non si vede perché ha un motore pulitissimo che non lascia fumo dietro di sé. Non funziona con la benzina o con il gasolio, come le auto dei grandi, e nemmeno con le nostre batterie che hanno bisogno di ciminiere per essere costruite e ricaricate: il suo motore è a idrogeno ! Si, perché Babbo Natale sa molte più cose di noi e nel suo laboratorio ha risolto molti problemi che ancora noi non sappiamo bene come risolvere e ha costruito un motore potentissimo che non lascia alcuno scarico dietro di sé, se non del semplice vapore acqueo, lo stesso che si forma al mattino quando il sole riscalda la terra o in cucina quando bolle l’acqua per la pasta. Studiando bene, anche noi potremo un giorno riuscire a costruire questo motore e a risolvere tutti i problemi legati all’inquinamento di navi, aerei, auto e camion [C].
E poi le sue renne… ma come fanno a volare ? Dovete sapere che così come Babbo Natale è un essere speciale, anche le sue renne sono animali molto speciali, sono delle super renne. Il loro mantello non è ricoperto di semplici peli, ma di speciali fili che catturando la luce la trasformano in una carica energetica eccezionale. Un po’ come quando un bambino è stanco ma dopo una buona merenda si sente di nuovo pieno di energia e di voglia di correre.
La pelliccia delle renne è fatta di un materiale che si chiama Silicio e che anche noi abbiamo imparato a modellare e a utilizzare [3]. Lo vediamo sui tetti dove le lastre di colore blu, i pannelli solari, aiutano gli adulti ad accendere le luci di casa, a far girare il motore della lavatrice e ad ascoltare la musica. Questi pannelli trasformano l’energia della luce del sole in un altro tipo di energia, quella elettrica, che è così utile per tante cose. Allo stesso modo, le super renne usano la luce che ricevono di giorno per trasformarla nell’energia che a loro serve di notte per aiutare il motore a idrogeno a trainare la slitta dei regali.
E lo sapete perché nessuno ha mai trovato fra i ghiacci la fabbrica dei regali di Babbo Natale ? Sembra strano… per fabbricare tutti quei regali ci immaginiamo un’enorme fabbrica con tanti capannoni e tante ciminiere e un’altissima colonna di fumo che dovrebbe essere facile da individuare nel bianco della neve. E invece nessuno l’ha mai trovata. Il motivo è che la fabbrica dove lavorano gli Elfi non ha ciminiere e non produce fumo !
Tutti i macchinari per fabbricare i giocattoli e gli altri regali funzionano con l’energia ricavata dal vento, dalle correnti del mare, dal sole. Ad esempio quelle enormi ventole che ogni tanto incontriamo quando andiamo a spasso con gli adulti sono usate anche dagli Elfi per convertire le correnti d’aria e il vento in energia elettrica. Funzionano al contrario del phon che usiamo per asciugarci i capelli: quello usa l’energia elettrica per far girare una ventola che manda l’aria calda verso di noi, invece le enormi eliche sulle colline vengono fatte girare dal vento e sono loro che ruotando producono energia elettrica. Ci sono strumenti simili che la ricavano dal movimento dell’acqua invece che da quello dell’aria e gli Elfi hanno costruito tutti questi sistemi per non inquinare.
Ma non solo: la fabbrica dei regali usa solo materiali riciclati, primo fra tutti la plastica. Ecco un altro motivo per cui non fa fumo, perché non deve bruciare materie prime per ricavare ciò che serve [D]. È per questo che nelle case degli Elfi sono sempre pronti i bidoni della raccolta differenziata, che loro fanno con attenzione e precisione, proprio perché sanno quanto sia importante per l’ambiente.
Avete visto quante soluzioni bellissime ha trovato Babbo Natale ? Lo ha fatto perché ha anche per sé due doni preziosissimi, molto più importanti di qualunque giocattolo: la conoscenza e la cultura. Anche a voi questi due doni sono offerti ogni volta che qualcuno vi spiega qualcosa. Continuate ad imparare, studiate con curiosità e passione, cercate di capire come funzionano le cose e state certi che Babbo Natale ne sarà felice e vi premierà sempre. Buon Natale !
Per i più grandi…
A. I raggi luminosi solari colpiscono le molecole atmosferiche (in massima parte ossigeno e azoto) che hanno dimensioni molto più piccole delle lunghezze d’onda della luce, subendo così il fenomeno dello ‘scattering’, cioè venendo deviate in tutte le direzioni. L’intensità del fenomeno è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda della radiazione, precisamente alla quarta potenza di questa:
(dove IS è l’intensità della luce scatterata, I0 di quella incidente e λ è la sua lunghezza d’onda).
Sicché la luce blu/viola ‘scattera’ circa 10 volte di più di quella con lunghezze d’onda più grandi come quella rossa. La luce viola, che ha lunghezza d’onda ancora più bassa rispetto a quella azzurra e blu, scattera maggiormente. Tuttavia gli umani vedono il cielo blu, e non viola, perché la nostra retina ha un numero di recettori per quest’ultimo colore di gran lunga inferiore al numero di recettori che possiede per il blu, colore che dunque predomina fortemente nella nostra percezione visiva.
Chi studiò e dimostrò lo scattering luminoso fu John William Strutt, “barone Rayleigh terzo”, il quale vinse il premio Nobel per la Fisica proprio per aver dimostrato “l’effetto Rayleigh”, nel 1904 (anno in cui il giovane Einstein pubblicava il primo dei suoi due famosi articoli, quello sulla Relatività Ristretta).
B. Come spiegato nel riferimento [2], per chi si muove ad una velocità v rispetto ad un osservatore posizionato su un sistema di riferimento inerziale, il fattore con cui il tempo e lo spazio si modificano è pari a:
dove c è la velocità della luce nel vuoto. Questo fattore divide il tempo ma moltiplica le lunghezze e porta alla diretta conseguenza che le distanze si accorciano man mano che il tempo si dilata. Ad esempio la seguente figura mostra cosa succede ad un’asta lunga 1 metro quando il rapporto fra la sua velocità v e c varia fino a 1, ovvero quando la velocità dell’asta diventa pari a quella della luce. In questa condizione limite, la lunghezza della barra diventa zero:
C. Due sono oggi le tecnologie considerate promettenti per la realizzazione economicamente valida di motori a idrogeno, le quali hanno portato alla realizzazione di due tipi di motori noti con le sigle HICE (Hydrogen Internal Combustion Engine) e HFCE (Hydrogen Fuel Cell Engine). Il primo è molto simile ad un motore ad iniezione classico, dove il gasolio è sostituito da molecole di idrogeno e di ossigeno. L’unione dei due elementi produce energia, poi convertita nel movimento del pistone, e vapore acqueo secondo la reazione:
Questa tecnica ha il vantaggio di poter ereditare tutto il know-how disponibile dei motori classici a comburante basato sul petrolio e al contrario di essi non produce scarichi nocivi per l’ambiente. Tuttavia l’ossigeno per la reazione non proviene da una bombola separata, ma semplicemente dall’aria che, come sappiamo, contiene per circa il 78% azoto. Ciò significa che un’espressione più completa della precedente reazione chimica (che scritta come sopra è evidentemente non bilanciata) contiene anche Nox ovvero ossidi di azoto. Per questo tecnicamente il motore HICE non è considerato “a zero emissioni”, sebbene la percentuale di ossidi che rilascia sia irrisoria.
Invece gli HFCE non hanno affatto motore meccanico, bensì elettrico, ma invece di essere alimentato dalle usuali batterie con chimiche al Litio lo è per mezzo di una batteria basata su catodo e anodo con reazione ad idrogeno, rispettivamente:
Quindi all’anodo le molecole di idrogeno formano ioni idrogeno positivi ed elettroni, che fluendo generano la corrente elettrica. Al catodo l’ossigeno molecolare reagisce con entrambi e forma come unico prodotto residuo molecole di acqua (che poi formano il vapore).
Questo tipo di generazione dell’energia elettrica nonostante si chiami “a batteria” (‘Cell’ nella denominazione Hydrogen Fuel Cell Engine) non possiede una reale batteria come la intendiamo comunemente, bella pronta e carica. Al contrario, è piuttosto una cella di produzione di corrente elettrica in tempo reale, che non conterrebbe alcuna carica se non fosse costantemente foraggiata da una riserva di idrogeno.
In entrambe le tecnologie il fattore oggi limitante è principalmente lo stoccaggio dell’idrogeno all’interno di contenitori portatili. Infatti è necessario mantenerlo a pressioni molto alte, fino a 700 bar, oppure a temperature molto basse, entrambe necessità a cui non corrispondono fino ad ora soluzioni valide ed economicamente vantaggiose.
D. Purtroppo non è esattamente vero che riciclare la plastica non fa fumo, oggi. La causa risiede principalmente nella presenza di molte tipologie di plastica durante le fasi di smistamento, che richiedono tecniche diverse di processamento, anche per rimuovere residui non plastici (metalli, inchiostri ed altro). In tutte queste fasi i macchinari consumano molta energia e generano calore (e quindi fumi, per quanto mantenuti il più possibile “puliti”).
Il processo potrà essere migliorato con due contributi oggi oggetto di studio: da un lato l’invenzione di nuove tipologie di plastica, ad esempio le bioplastiche, in grado di attivare processi di biodegradabilità autonoma e quindi di essere più facilmente riciclabili; dall’altro il così detto “riciclo chimico” a zero scarto, che si propone di ridurre la plastica ai componenti molecolari iniziali rendendo il loro successivo riutilizzo molto più semplice e meno impattante.
Riferimenti bibliografici
1. Questa “pillola” è una rivisitazione, liberamente cucita dal sottoscritto, di un bellissimo video di Geopop, un gruppo di ragazzi che si distinguono sui Social facendo divulgazione culturale, a cui dedico questo meritato credito. https://www.geopop.it
2. Pillole di Scienza numero 3 su Elbareport: https://www.elbareport.it/scienza-ambiente/item/68395-pillole-di-scienza-3-la-fantastica-scoperta-della-dilatazione-del-tempo
3. Pillole di Scienza numero 18 su Elbareport: https://www.elbareport.it/scienza-ambiente/item/70203-pillole-di-scienza-18-i-pannelli-solari-fotovoltaici