Si era alla metà degli Anni Cinquanta, in un’Elba ancora primordiale. Il reverendo Enrico Lombardi, rettore del Santuario della Madonna del Monte ma soprattutto meticoloso appassionato e scrittore di storia locale, notò presso il Masso dell’Aquila e sul soprastante Monte Giove alcuni cocci di vasellame frammentario in rozza ceramica protostorica.
Il Monte Giove, che nelle vecchie carte risultava «Monte Giovo», è così chiamato per via della cima a due punte che ricordava un arcuato giogo bovino. Pochissimi anni dopo, nel 1958, a questa vicenda si appassionò l’archeologo Giorgio Monaco, neosoprintendente alle Antichità dell’Etruria. Fu così che l’archeologo cinquantaduenne fece intraprendere uno scavo - peraltro non proprio ortodosso - da alcuni marcianesi armati di pala e piccone.
La fossa fu scavata nella sella compresa tra le due cime della montagna, a circa 830 metri di altitudine e proprio in corrispondenza del famoso giogo. Giorgio Monaco non rimase deluso: dallo scavo venne fuori un’impressionante quantità di frammenti ceramici risalenti all’Età del Bronzo, alla «Cultura subappenninica» come allora si diceva. L’archeologo, con entusiasmo, parlò di una «stipe votiva» che i liguri Ilvati avevano religiosamente collocata tra le due vette sacre agli dèi. Questo perché, come poi scrisse l’archeologo, la montagna a due punte era stata «divinizzata come vetta (Pen) da questi abitatori pastorali di razza ligure. È noto che i Liguri divinizzavano le vette, donde i nomi Penna, Pennino, dati a montagne e lo stesso Appennino, oltre che il Giove Pennino romano.»
E in seguito, non senza emozione, si definì «veramente orgoglioso di essere stato il primo ad iniziare ricerche sistematiche anche in questo campo preistorico (…) salendo, nel 1958 e 1959, sulla cima del Monte Giove di Marciana (…)».
In realtà si trattava dei resti di uno dei tanti insediamenti protostorici del Monte Capanne e non di una stipe votiva. Ma quest’assenza di religiosità non impedisce al luogo di suggestionare indelebilmente l’animo dei fortunati che ancora si avventurano sul Monte Giove.
Silvestre Ferruzzi