Esattamente 104 anni fa l'8 gennaio 1911, nel cosiddetto "Palazzo dei Merli", un accrocco architettonico finto-gotico-veneziano (ma d'autore, visto che lo aveva firmato il Coppedé) collocato sulla Darsena Medicea, si consumavano le ultime ore di vita di uno dei pochi "grandi" che questa Isola abbia contribuito a formare: l'avvocato anarchico "pericoloso e gentile" Pietro Gori.
E proprio in questi giorni sulla costa continentale dirimpettaia delle Ghiaie (dove egli si recava spesso a passeggiare ed a parlare con i colti amici "borghesi" elbani) un altro comune "goriano": quello "materno" di di Rosignano, ne celebra la figura con un importante convegno.
Rosignano, in cui la salma di Gori fu traslata ed inumata, dopo un lungo funerale navale e costiero seguito da migliaia di persone, interrotto da celebrazioni "in itinere", in una sorta di libertaria "via crucis" di massa, ha deciso così di iniziare un anno particolare, perché tra otto mesi anche essi esatti, l'otto di agosto, si compiranno 150 anni dalla nascita dello stesso personaggio.
Il "Palazzo dei Merli" massacrato dalle bombe della guerra e ricostruito in forma di brutto scatolone (l'ex Hotel Darsena) non c'è più, ma esiste intatto un altro edificio frequentato dal Gori, perché all'interno dei suoi locali aveva esercitato la sua professione forense: il Palazzo della Biscotteria sede, allora come ora, anche del Comune, e a Gori fu reintitolata la via retrostante l'edificio quella su cui si apriva l'ingresso che conduceva proprio agli uffici giudiziari, e più recentemente anche la piazza su cui si staglia la facciata del (bel) palazzo rosa, ha assunto il nome dell'illustre personaggio, rimasto nella memoria popolare soprattutto per aver scritto i versi della "anarchia cantata": tra i quali quelli della più nota canzone politica italiana "Addio a Lugano" e quelli struggenti della rivisitazione del "Coro del Nabuccodonosor" trasformato in un Inno al Maggio, ma che, nella sua breve e tumultuosa esistenza spesa per il mondo e chiusa a Portoferraio fu "intellettuale multidisciplinare", paroliere ma anche librettista, scrittore e traduttore di testi filosofici e politici, giurista ma anche antropologo, magnetico oratore e conferenziere ma anche rivoluzionario fotografo.
Ora noi temiamo che molti, tra coloro che frequentano il Palazzo della Biscotteria, e che si occupano dei destini della comunità, neppure sappiano bene chi sia stato in realtà quel personaggio effigiato nella grande lapide che campeggia sulla facciata dell'edificio (già postale) e che vedrebbero, alla loro sinistra, affacciandosi sulla terrazza dell'aula consiliare, una lapide con una propria quasi romanzesca vita, salvata da "l'iconoclasta mazzuolo fascista" e custodita segretamente negli anni più vergognosi della nostra storia.
Lo temiamo perché dopo il battage sul bicentenario napoleonico non abbiamo ancora notizia di alcun programma, alcuna iniziativa elbana dedicata a quest'uomo "passato" per S. Ilario, Rosignano, le carceri di Livorno, Milano (dove fu - stesso incarico che anni dopo avrebbe ricoperto da Sandro Pertini - Segretario di Filippo Turati), Marsiglia, Capoliveri, Londra, New York, la Svizzera, Buenos Aires, il Mato Grosso e la Palestina, ed altri posti ancora, sempre lasciando un messaggio di fratellanza e socialità: "noi vogliamo l'uguaglianza, ci han chiamato malfattori...", sempre estraendone ed esportandone, umanità, scienza e conoscenza.
Un uomo che l'Elba e Portoferraio farebbero bene a ricordare in dignità in questo centocinquantesimo anno dalla sua nascita.