Difficile restare indifferenti dopo la lettura di un libro così, perché il viaggio di storia delle idee, dei principi e delle leggi intorno a una parola “che sembrava perduta nel discorso pubblico”, coinvolge il lettore dandogli informazioni preziose e ponendo domande reali. Con il suo Solidarietà un’utopia necessaria Stefano Rodotà prosegue in un percorso di diffusione delle conoscenze sui diritti di tutti noi, come esseri umani ed esseri sociali.
Dedica il suo ultimo lavoro alla “solidarietà”, analizzando un principio-base della costruzione dei legami sociali, “segnale di non aggressione tra gli uomini”. La storia di quest’idea mostra il collegamento indissolubile alle idee di fraternità e dignità e al tema della proprietà. Fu “proprietà” infatti a sostituire, per opera di Napoleone, la “fraternità” nella triade della Rivoluzione francese Libertà Uguaglianza Fraternità. Dei tre la fraternità era l’unica idea che rappresentava un obbligo morale, anziché un diritto, la più semplice da negare e da cancellare, tra le garanzie che lo Stato deve fornire a tutti.
Valore fondante della Costituzione
Oggi, nota Rodotà, si identifica in modo semplicistico il principio di solidarietà con lo Stato sociale o con il Welfare. In coincidenza con la crisi economica e di scarsità di risorse si mette così “in discussione il carattere proprio dello Stato costituzionale come luogo di complessivo riconoscimento di diritti fondamentali tra loro indivisibili”.
Nella nostra Costituzione la solidarietà è un “valore fondante” dell’intero ordinamento giuridico. L’articolo 2 richiede infatti “l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Non solo, ma la sua collocazione tra l’articolo 1 che fonda la Repubblica sul lavoro (al centro è la persona che lavora e non la forza-lavoro da offrire al mercato) e il 3 che garantisce la “dignità” di tutti i cittadini (art.3) impone a tutti “una lettura sempre più consapevole dei legami inscindibili tra dignità, solidarietà ed eguaglianza”. “La solidarietà si manifesta ogni volta che si entra nella dimensione universalistica”, come solidarietà tra le persone (è il caso dell’assistenza sanitaria), tra le generazioni (con le pensioni) e in relazioni a beni come quelli ambientali, che riguardano il rapporto con le generazioni future.
Nei decenni il principio di solidarietà si è distaccato sempre più dalle dimensioni caritative e assistenziali, grazie soprattutto alle lotte sociali e alla solidarietà tra gli oppressi fino a “diramarsi nei luoghi più diversi del sistema istituzionale”. Non si tratta dunque di un concetto obsoleto, superato o ideologico. Tanto è vero che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea riconosce “un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti”. “Le disuguaglianze portano le persone all’infelicità e minano la stessa efficienza economica di un sistema” scrive Rodotà a dimostrazione del legame indissolubile tra libertà, uguaglianza, dignità, solidarietà. Se invece la si considera un optional da introdurre solo in periodi di sviluppo economico, si mettono in discussione gli stessi principi dello Stato democratico e della stessa Carta europea dei diritti, che prevede la supremazia della solidarietà rispetto all’interesse economico.
Le politiche degli Stati e l’ideologia del Pensiero unico in questi anni, in una costante tensione tra diritti enunciati e linee politiche reali ha visto riemergere il concetto di “forza felice della ricchezza” e una centralità della logica proprietaria, con la conseguente deresponsabilizzazione dei soggetti pubblici e collettivi. C’è la tendenza a tornare alla carità e alla “generosità compassionevole” (tema caro a Bush) e a negare il riconoscimento della dignità della persona.
Principio che si trasforma e trasforma
La solidarietà è un principio che è sempre vivo e si trasforma in continuazione e al tempo stesso continua ad avere virtù trasformative. Oggi, di fronte allo strapotere delle grandi società transnazionali, “è impossibile pensare la solidarietà fuori dal contesto globale” e si parla già di “cosmopolitan solidarity”, anche se non si individua (nonostante la direzione positiva di “indignati” e precari e di “occupanti” sotto le diverse latitudini “un nuovo soggetto storico all’opera”. In questa direzione dovrebbe andare l’Unione Europea, per “prendere sul serio se stessa avendo scritto del Preambolo della Carta dei diritti che assume responsabilità nei confronti della comunità umana e delle generazioni future”. Occorrono politiche di solidarietà interna tra i paesi verso i quali si dirigono le migrazioni come condizione per praticare poi la solidarietà esterna nei confronti dei migranti. La stessa dimensione cosmopolita e universalistica è ancora più evidente sui temi ambientali, dove le interdipendenze sono sotto gli occhi di tutti.
La solidarietà continua ad essere dunque, con tutti i mutamenti storici “un ponte che congiunge individuo e società”.
Ma qui emerge il vero dissidio tra diritti e politica, quando in nome della crisi economica e di un “realismo rassegnato” le istituzioni pubbliche fanno prevalere le logiche di mercato sul compito di “produzione della solidarietà” perdendo radicalmente la loro legittimazione democratica.
L’ultimo capitolo, dedicato a “solidarietà, risorse e politica”, tira le fila del discorso, partendo dall’osservazione che “la produzione di solidarietà non è a costo zero. Esige capitale sociale e risorse finanziarie”. Ma quando queste diminuiscono, come di questi tempi, sono pronte all’azione le forze che usano la crisi a fini ideologici, per ridimensionare la spesa sociale e per negare nei fatti diritti sociali. “Un effettivo rafforzamento delle garanzie esige che nella sede costituzionale sia affrontato esplicitamente il rapporto tra risorse disponibili e diritti fondamentali, prevedendo che questi debbano essere rispettati quando si determina il bilancio nazionale, assicurando anche alle istituzioni locali le risorse necessarie per la tutela dei diritti sociali e civili.” Nel suo fondarsi sul lavoro, “la Costituzione (e qui cita Zagrebelski) dice non che il lavoro è condizionato dalla politica ma che la politica è (deve essere) condizionata dal lavoro”.
“La virtù trasformativa della solidarietà non può realizzarsi in uno spazio vuoto di politica. Ma quale destino possiamo assegnare a una politica svuotata di diritti e perduta per i principi?”
E qui si pone, al lettore-cittadino-elettore il dilemma di come restare a guardare questi processi come se non lo riguardassero da vicino, come se non ci riguardassero tutti, e nello stesso tempo, a lettura ultimata, si comprende bene perché il nome di Rodotà, nelle ultime elezioni per la Presidenza della Repubblica, fosse visto da molti, troppi, come fumo negli occhi. Per quanto mi riguarda , ad esempio, non ho potuto fare a meno di chiedermi quante e quali leggi di quelle approvate in questi mesi avrebbe fermato o ne avrebbe chiesto la modifica perché contrarie al principio costituzionale della solidarietà. Ma questo è un altro discorso.
Luciano Minerva http://www.elbadipaul.it/