Un luogo che rappresenta la quintessenza del mistero e delle favole: il castello del Volterraio svetta solenne sui territori dell’oriente elbano, e ne custodisce la memoria.
Secondo numerose congetture, il castello medievale sorge su strutture ben più antiche, di epoca etrusca; il passato ritrovamento, lassù, di una moneta volterrana con Giano bifronte e la scritta retrograda «Velathri» – il nome etrusco di Volterra – potrebbe avvalorare quest’ipotesi.
E qui inizia il problema della derivazione del toponimo elbano «Volterraio».
Durante il Medioevo – lo attestano i documenti pisani – la splendida fortificazione è citata come «Monte Veltraio»; in particolare, una carta del 1305 sui pagamenti ai castellani di Montemarsale e del Volterraio («Comune di Pisa», 83, 14 r.) riporta in latino: «castri Montis Veltrai insule Ilbe» (ovvero «della fortificazione di Monte Veltraio dell’isola d’Elba»).
Il toponimo medievale «Veltraio», secondo il latinista Remigio Sabbadini (1920) che conosceva l’esistenza di un altro «Monte Veltraio» presso Volterra, «si confronta opportunamente col nome identico di un monte del vicino continente, che nei documenti dal 970 in qua è chiamato “Veltraius”, “Voltraius”, “Vultrarius”. Ciò significa monte dei “vultures” ossia degli “avvoltoi”.» Ma all’ipotesi etimologica degli avvoltoi, nel 1923, si ribella il poeta elbano Mario Foresi: «A noi vien fatto di notare che (…) neppure gli avvoltoj (rapaci delle grandi altezze e dei climi freddi) hanno mai pensato a fare il nido, fosse pure, sul Monte Capanne.» Una decina d’anni dopo, l’insigne glottologo Silvio Pieri conferma l’etimologia ornitologica dal latino «vulturem», accusativo di «vultur», «avvoltoio».
Lasciando per un attimo le ali degli avvoltoi, ecco all’orizzonte un’altra ipotesi etimologica tanto debole quanto cronologicamente inaccettabile. Secondo alcuni eruditi locali del Novecento, «Volterraio» – che in tal forma è attestato dopo l’era pisana – sarebbe derivato dall’origine volterrana del capocostruttore Vanni Rau, il quale nel 1298 venne effettivamente inviato dalla Repubblica di Pisa per fortificare alcuni siti dell’Elba; peccato che, proprio negli stessi anni, come si è visto, il castello fosse già noto nella forma «castrum Montis Veltrai».
Nel 1815 Giuseppe Ninci, con la sua vivacissima creatività, scrisse che agli etruschi di Volterra «vien attribuita la prima origine del Volterrajo (…) e che chiamar poterono in allora “Fultur” (…), cioè “alto castello” (…). Se i Volterrani appellarono “Fultur” la fortezza fabbricata nell’Elba, ciò poté derivar facilmente dal nome della loro città originaria. Infatti noi sappiamo che anche Volterra nella sua fondazione si chiamò “Fultura”, ciocché viene ad indicare “alta abitazione”.»
Più recentemente, Carlo D’Adamo ha scritto che «il poleonimo etrusco Velathri (oggi Volterra), traslitterato – o tradotto – in latino con Volaterrae, è indizio del probabile significato di “terra” del termine etrusco “athri”. In esso infatti il primo elemento, “Vola”, corrisponde, con apofonia vocalica, al nome etrusco “vel”, e il secondo, “terrae”, corrisponde ad “athri”.»
In effetti, considerando che il termine etrusco «vel» pare potersi tradurre con «monte», qualche idea balugina nella mente. Insieme al ricordo di quella piccola moneta di bronzo.
Silvestre Ferruzzi