L'artista presenta al pubblico le nuove opere in contemporanea con due mostre collettive d'arte dove sono presenti altri lavori di questo ciclo (Polijsemie, Marsiglia e Galleria Menesini, Genova).
Apre la mostra la PERFORMANCE di Teatro Danza di Angela Iannì
CINQUE STORIE BREVI con: Angela Iannì, Fabiana Galeotti, Eleonora Lambardi, Pierpaolo Quagliotti, Nicole Alessanri, Benedetta Bufacchi, Marco Sodano.
Il 7 giugno alle ore 18:30 interviene con una Lectio Magistralis Stefania Guerra Lisi, ideatrice e caposcuola della Globalità dei Linguaggi, già estimatrice di Kikko alla Mostra Fiorentina di Art RiBell 2015. Presenta Noemi Alessi, referente MusicArTerapeuta nella Globalità dei Linguaggi all'Elba.
Tracce di un'intervista a Kikko
Nel tratto che torna primitivo, scarabbocchiato, infantile, uterino, Kikko narra di trovare un'energia furiosa e allo stesso tempo calma, centrata nell'origine del segno.
'Tornare indietro per andare avanti' non è regressione. Per la Globalità dei Linguagggi è uno dei principi che rende l'essere umano capace di metamorfosi e di accomodamento alla realtà.
E' strategia evolutiva. Può essere un andi-ri-vieni, un cullarsi avanti e indietro in richiamo alla fase prenatale chiamata 'dondolante' (Guerra Lisi, Stefani, Gli Stili prenatali nelle arti e nella vita, Borla, 2011) quando, all'alba della sperimentazione sensoriale, l'agglomerato di cellule-morula-protoembrione si lascia cullare nel liquido amniotico. Gli arti non si sono ancora sviluppati e non c'è presa sull'ambiente. La nuova creatura sperimenta la piacevolezza del caldo-liquido-morbido dondolio, in assenza gravità. Questo è il senso della rievocazione ontogenetica di molte stereotipie (gesti ripetitivi) dondolanti in vari stati
dell'espressione umana, che non è solo dis-agio ma, anzi, arte di vivere assai diffusa tra le abitudini umane. Basti pensare agli stati autoindotti di trance in molte pratiche di meditazione, o a diverse danze sciamaniche, di guarigione, dove il dondolamento e la ripetizione dei gesti sono il fondamento del rito. Il movimento del cullarsi è rassicurante perché evoca la memoria intrauterina di assenza di gravità, gravità della vita e del mondo, fuori dalla durezza del confronto con la realtà, e, allo stesso tempo, la ricerca del centro.
Nell'ipnosi indotta da un pendolo si azzera la coscienza della realtà esterna e si sprofonda nell'inconscio. La concentrazione-trance viene indotta da un punto grazie a un dondolamento. In quell'inconscio, in quella profondità, è probabilmente collocato il nostro vero “centro di gravità permanente”, per citare Battiato.
Ma possiamo anche citare un importante studio di Rascowsy (La vita psichica nel feto, 1980, p56)
(…) l'agire che regge l'Io fetale sono delle costanti e fanno parte dell'insieme del nostro vivere abituale (…) L'Io fetale è la radice integrante ed è sicuramente la parte più considerevole della totalità dell'Io lungo tutta la sua evoluzione.
Nella fase dell'evoluzione infantile in cui il bambino disegna ragni (ragni mamma, ragni babbo, ragni IO) si ripetono figure raggianti, soli che irradiano da un centro ed esplorano con decisione e forza del segno lo spazio circostante. Nel tratto di Kikko ritrovo questo ritmo, questa forza dell'esplorazione del limite propria dello stile prenatale Ritmico staccato.
Me lo conferma in questi frammenti di conversazione-intervista.
N: C'è una ricerca di essenzialità Kikko, in questa tua nuova stagione creativa?
K: No non c'è ricerca. Solo forme. Forme interiori. Necessarie, inevitabili. Mi piace pensare che siano dentro di me. Che mi abitino e io riesco a tirarle fuori.
N: Ma è un condominio! Ne riconosci qualcuna? Puoi darle un nome?
K: Una si chiama TRADIMENTO, in questo momento è a Marsiglia. (ride...)
il cruccio è che io non sono fedele e nemmeno gli altri lo sono.
N: Fedeltà a cosa? A chi?
K: Come nel film di Ken Loach (I, Daniel Blake) verso un me tesso Eterno. Mi sento un fiume con dentro un brodo primordiale dove il tradimento (di se stessi e degli altri nella loro essenza) è la regola. Quando emerge un disegno riesco a trovare me stesso. Non tradisco e non vengo tradito. Sono finalmente fedele a me stesso. Sono momenti rari e ci vuole un sacco di tempo e di lavoro per farne emergere uno. Perché sono autentici nel senso più profondo della parola.
N: Si può parlare di una forma di arte primitiva?
K: Sì, certamente. Però lo strumento della pittura per me è anche una sfida ai grandi maestri, nel senso che a me serve ad un altro scopo la loro arte. Lo strumento è lo stesso. Me ne approprio. Rubo. Rapino i maestri per tirare fuori il mio essere primordiale. Per uscire dalla grotta. Chiedo poco. Più spesso, io, rapino. Sono nato senza gli strumenti base per vivere. Un pezzo di carne in giro. Per questo Rubo.
N: Un'attitudine, una propensione al furto direi.
K: Sì...(Ride)
N: A chi rubi nell'arte contemporanea?
K: Dubuffet, ai rivoluzionari dell'art-brut. Alle avanguardie e transavanguardie. Basquiat. Ma più di tutto amo il figurativo. E' un grande mistero e mi serve da ispirazione.
N: In che senso?
K: Che mi nutro volentieri del bello, del rinascimento, della maniera e anche del neoclassicismo.
Spero in futuro di smettere di rapinare. Questi lavori sono pitture rupestri, graffi nel muro che mi costano tanta fatica, un po' di ossessione. Giotto, Botticelli, Caravaggio sono diversi tra loro ma cercano e trovano armonia. Anche io la cerco. Ringrazio che esista quando la trovo. Perché essa non è guerra, non è armi, non è finanza, non è fame. O meglio, non cerco la fine ma spero che arrivi perché sto al loro fianco quasi di prepotenza. Io non li merito.
Bello stare anche qui a parlare con te...
L'allestimento dell'esposizione è stato possibile grazie alla collaborazione di Roberto Marini, assessore alla Cultura del Comune di Portoferraio e di Vittorio Campidoglio della Cosimo de' Medici.