Caro Sergio
Oggi 20 Giugno 2017 ricorre il 50° anniversario della morte di un grande italiano: Don Lorenzo Milani.
I media, in questo periodo si ricorderanno di Don Milani, poiché Papa Francesco ha deciso di andare a pregare sulla sua tomba. Tomba situata in un piccolissimo cimitero, che certamente il Pontefice troverà pulita ed adornata di fiori e non come io la trovai, pochi anni addietro, abbandonata e piena di erbacce. Si ricorderà soprattutto il suo "Lettera ad una professoressa" un libro che è una pietra miliare nella storia della pedagogia, uno dei maggiori contributi alla maturazione dei moderni educatori, pagine che hanno cambiato in profondo la scuola italiana.
Ma io oggi voglio brevemente ricordare Don Milani anche su un altro contiguo versante del suo "stare socialmente dalla parte degli ultimi".
Don Milani addirittura il 7 novembre del 1953, quando “le Madonne piangevano” e quando di leggevano sui muri d'Italia i manifesti dei "quando voti, Stalin non ti vede, ma Dio sì”, scriveva in merito al licenziamento di Mauro che lavorava nella ditta Baffi di Prato:
“Per un prete quale tragedia più grossa di questa potrà mai avvenire? Essere liberi, avere in mano i Sacramenti, Camera, Senato, stampa, radio, campanili, pulpiti, scuola e con tutta questa dovizia di mezzi divini ed umani raccogliere il bel frutto, di essere derisi dai poveri, odiati dai più deboli, amati dai più forti ... - ed aggiungeva - quando la chiesa appoggia un partito ed un governo che legittimano un sistema che produce ingiustizia e che giustificano il Baffi ..” Ed ancora scriveva: “Per ora Mauro è ancora qui accanto a me …..Per ora mi crede ancora se gli dico qualcosa: Ma se mi chiede ragione di quel che fa il Baffi di quel che fa il governo cattolico, che gli poso dire? Potrò ingannarlo? Potrò dirgli che attenda? Potrò dirgli che il Baffi ha diritto per diritto naturale? Che la Celere (la famosa polizia creata dall'allora ministro Scelba ndr) ha il dovere di difender al legge pagana che fa forte il Baffi? ..”
Era per questo suo essere "prete scomodo" che Don Milani fu osteggiato ed emarginato da una Chiesa all'epoca ancora dominata nelle sue gerarchie da una mentalità chiusa e retrograda, lontana dal dettato evangelico, strumento più dell'oppressione che della liberazione dei popoli.
Fu per questo che Don Lorenzo venne fu confinato a Barbiana, un minuscolo centro nel piccolo comune di Vicchio nel Mugello, dal quale egli però riuscì a inviare al mondo un pensiero "rivoluzionario" destinato ad incidere nella coscienza delle generazioni.
Potrà sembrare irriverente, ma credo che se oggi la Chiesa gode di un Papa come Francesco, ciò è dovuto anche a cattolici che passarono "obbedientissimi, in Cristo" su questa terra (i Dosssetti, i La Pira, i Balducci), che come e con Don Lorenzo Milani seppero riscrivere una dottrina sociale.
Mi pareva giusto ricordarlo
Nedo Volpini