L’associazione International Art Center ha il piacere di presentare un articolo redatto da Luigi Corsetti, Direttore del Museo Ardengo Soffici di Poggio a Caiano, su Italo Bolano il quale negli anni ottanta aveva realizzato una ceramica monumentale in una strada del paese che ospita tra l’altro una grande villa nella quale si sposò Cosimo Primo.
Chi conosce Italo Bolano non potrà mai separare la qualità della sua pittura da quella della sua persona: civilissima, colta e, ad un tempo, ironica e tenera. È insomma un seduttore, ma quasi involontariamente; e della cultura gli piace gustare tutte le rarità e le primizie. Frequento la sua arte dagli anni Ottanta, quando Bolano ebbe modo di collocare una sua opera in ceramica sulla facciata di una casa di Poggio a Caiano negli anni '80. Personalmente lo conobbi molti anni dopo al suo Museo all’aperto di Portoferraio, dove mi ero recato con un’amica che me lo descrisse come un raro, sopravvissuto esemplare del cosmopolitismo domestico pratese.
Sia detto per inciso, per me Bolano è scopertamente moderno – me lo conferma anche la visita alla sua recente mostra fiorentina all’Accademia delle Arti del Disegno – e tale, probabilmente, rimarrà per tutta la sua attività. Per lui la pittura è linguaggio, il linguaggio comunicativo per via di segni (in questo caso visivi). Ma, consapevole della strumentalità di ogni linguaggio, Bolano non ha mai esitato a mutare il proprio per farlo più aderente alla sensibilità e alle emotività moderne; e, nonostante il carattere quasi diaristico della sua pittura, così profondamente legato alla sua “donna isola” è un sottile interprete di «sentimenti sociali». Certo, non vuole riformare proprio nulla; il mondo gli piace com’è e trova che valga la pena non soltanto di viverlo, ma di prenderne visivamente conoscenza. Nulla di strano dunque che sia un moderno, e che nel succedersi di «espressionismo figurativo e espressionismo astratto», veda un continuo espandersi del registro dei segni pittorici. Dunque la strada di una pittura che valorizza il segno: prima attraverso l’uso emotivo del colore, poi privilegiando la «consistenza tattile della pennellata», con uno sguardo che si allarga verso un orizzonte più ampio a evocare vaste spazialità con una forma sempre in bilico tra figurazione e astrazione, che tanto ci ricorda la pittura di Afro.
Bolano è un uomo colto che ha saputo affinare la propria sensibilità sulle pagine di uno fra i più grandi poeti del ’900 italiano: Mario Luzi e in forza di questa esperienza sa ritrovare nel tessuto pittorico rime, ritmi, cadenze metriche che sono proprie anche della poesia. Se non ha paura di punte astratte, è perfettamente consapevole che «l’innovazione, in arte, garantisce e preserva la vitalità della tradizione».
Luigi Corsetti – Direttore del Museo Ardengo Soffici
Nella foto: “Idillio campestre”, ceramica monumentale in una strada di Poggio a Caiano