2. Da Zitto e nuota! - Il muretto, parte 2
Non vorrei, con questa descrizione del muretto e dei murettisti, aver dato l'impressione che tutte le persone che stanno sul muretto siano pettegole o maldicenti. No: lo sono solo casualmente, nei momenti in cui vi stanno sedute sopra. Tendenzialmente ogni persona è buona, altruista e pensa ai fatti propri: questo è fuor di dubbio. Soltanto che, non appena si siede sul muretto assieme a delle amiche o a degli amici, è più forte di lei, deve spettegolare. Ho visto (e sentito) persone integerrime, morigerate e piene di contegno lanciarsi in spregiudicate maldicenze non appena sí sedevano e riprendere poi il loro abituale contegno serio e compunto quando andavano via.
Questa cosa mi ha fatto pensare per lungo tempo, e sono arrivato a una conclusione, l'unica che ritengo possibile. Secondo me il muretto non è solo una costruzione di cemento, ma per qualche misterioso potere la cui natura per adesso mi sfugge, ha sviluppato un'anima e una personalità propria. Sarà perché ha assorbito, con gli anni e i decenni, un po' dello spirito di tutti coloro che ci si sono seduti sopra, sarà per qualche altra diavoleria, ma sono fermamente convinto che il muretto sia vivo. Se non avesse un'anima e una mente tutta sua non si spiegherebbe il comportamento di chi, inconsciamente, ci si siede sopra.
Confesso che io vado malvolentieri sul muretto, nonostante le insistenze di mia moglie, perché ho paura. Mi guardo bene infatti dall'aprir bocca contro qualcuno: sono fermamente convinto che il muretto potrebbe un giorno servirsi delle mie parole per ricattarmi o quanto meno mettermi in cattiva luce con quella persona. Da quando ho scoperto la cosa sono terrorizzato all'idea che mi sfugga qualcosa contro qualcuno. Adesso riesco a controllare meglio le mie reazioni, ma ricordo che i primi tempi, dopo aver scoperto la vera natura del muretto, ero veramente terrorizzato. Cercavo di parlare a monosillabi o storpiavo le parole per non farmi capire da lui, oppure non parlavo affatto.
L'episodio, dicevo, successe proprio i primi giorni della mia scoperta, riguardo al muretto. Me ne stavo seduto da una parte, col busto eretto e con i piedi ben poggiati per terra, per non pesare troppo con il sedere, zitto e attento a non farmi sfuggire una parola.
Era già un quarto d'ora che, con la coda dell'occhio, l'osservavo attentamente (parlo sempre del muretto). Volevo vedere se si muoveva: non mi aspettavo certo un grosso movimento; volevo cogliere qualche lieve fremito, non so, magari un piccolo dilatarsi delle sue pareti, come per respirare. Non sapendo se il muretto, oltre a sentirci, ci vedesse, mi tenni sul prudente e non mi misi a osservarlo apertamente, anche perché, se se ne fosse accorto, sarebbe rimasto immobile.
Mia nonna, saggia quanto mai, diceva sempre: «Pentola guardata non bolle mai».
Facevo perciò finta di guardare da una parte, poi quando non se l'aspettava, abbassavo all'improvviso lo sguardo su di lui; oppure guardavo il cielo fischiettando e poi, pian piano, facendo finta di nulla, lo controllavo con la coda dell'occhio.
Io non me ne resi conto, tutto preso com'ero dalla mia missione, ma evidentemente tutto questo girar di testa in su e giù, da una parte e dall'altra, non passò inosservato.
Fu mia moglie che mi apostrofò:
«Hai qualche problema? Torcicollo?»
Sobbalzai, preso alla sprovvista.
«No, sto benissimo...» farfugliai.
«Allora perché continui a girare la testa e a guardare il muretto?»
«Ssttt... Mmff.»
«Cosa?» fece lei.
«Cos'hai detto?» ripeté a voce alta, attirando anche l'attenzione delle sue due amiche vicine e di un marito (di una delle due, naturalmente, non di tutte e due).
«Mmmhhff... ppsss... ghhhh», risposi cercando disperatamente di farle intendere che doveva tacere. «Ma che cos'hai?» ripeté lei a voce ancora più alta. Adesso l'attenzione era divenuta generale: tutti guardavano verso me.
Ritentai ancora:
«Pppss... gghhh...»
Ero diventato rosso, intanto, per lo sforzo di farmi capire da lei e non dal muretto. Il risultato fu catastrofico. Come ebbe a spiegarmi in seguito, mia moglie, vedendomi rosso e sentendomi fare quei versi strani, ritenne che stessi soffocando e si lanciò urlando verso di me. Nella fretta di venire a soccorrermi, inciampò nel piede della sua vicina e mi cadde addosso, catapultandomi all'indietro sulla sabbia, con una capriola. La cosa fu così inaspettata e repentina che caddi sulla sabbia com'ero, e cioè a bocca aperta, col risultato che quando cercai dí sollevarmi stavo vera¬mente soffocando. Mi tirarono su, con la bocca piena di sabbia e paonazzo: poi qualcuno, certamente il più robusto del gruppo, mi assestò un violentissimo pugno dietro la spalla con l'intento di farmela sputare (la sabbia, non la spalla). Il risultato fu che effettivamente mi liberai della sabbia, ma passai molte notti insonni a causa della fastidiosa frattura per il colpo ricevuto.
Non esitai a pensare, neppure per un attimo, che quella era stata la vendetta del muretto e un avvertimento. Da allora, se mai mi è capitato di dovermici sedere sopra, faccio finta di nulla e guardo diritto davanti a me.
Gianfranco Panvini