Una luce verde inonda il greto del torrente sassoso, il ponticello di legno, le foglie degli ontani, la vecchia ed armoniosa fonte in muratura su cui volano, dipinti in tempi recenti, due angeli dai lunghi capelli.
La Fonte di Pomonte, non ancora costruita a metà Ottocento, è immersa in questo scenario di sogno incantato. A pochi metri di distanza dalla fonte, verso il mare, si trova una modesta formazione rocciosa chiamata Cote del Sale.
Questa denominazione, che riprende il termine elbano «cote» nel senso di «masso» (dall’accusativo latino «cotem»), deriva dall’antica attività di conciatura delle pelli che avveniva presso l’attiguo torrente; il masso è così chiamato poiché sulla sua superficie superiore – contraddistinta da un’ampia concavità – «ci battevano il sale per conciare gli otri e altre pelli», secondo la preziosa testimonianza dei «pomontinchi» Angiolino Galeazzi e Gianpiero Costa. Non a caso nella stessa area, durante il Cinquecento, esistevano delle saline attestate nell’«Estimo della Comunità di Marciana» del 1573: «un pezzo di terra alle saline a Pomonte».
Silvestre Ferruzzi