«Di questo granito bigio è dotata la Italia in molte parti, ma le maggiori saldezze che si trovino sono nell’isola dell’Elba, dove i romani tennero di continuo huomini a cavare infinito numero di questa pietra».
Con queste parole di Giorgio Vasari (1568) si apre il libro «Terra del granito. Storia della lavorazione del granito all’isola d’Elba» dell’ingegnere Fausto Carpinacci, in tutte le librerie dell’Elba.
Il volume ha avuto origine a San Piero nel 2004 da un «gruppo di lavoro» diretto dallo stesso Carpinacci e composto da Paolo Bontempelli, Tommaso Galli, Gian Mario Gentini, Fabrizio Mazzei, Vittorio Mauro Mazzei e Alberto Testa. Il libro analizza gli antichi siti estrativi del granito nel settore occidentale dell’Elba, dalle cave di Cavoli e Seccheto (sfruttate dall’età imperiale romana sino al Novecento con la società tedesca Bergwerks Gesellschaft di Konrad Zimmer e la Società Anonima Graniti Elba) a quelle aperte a Poggio dall’ex deputato Giulio Cavina.
Vengono inoltre considerate le lavorazioni in cava, le strumentazioni antiche e moderne, i salari dei dipendenti, le quantità di granito elbano trasportato via mare nei principali porti mediterranei. Notevole spazio viene dato alle numerose testimonianze letterarie sul granito dell’Elba che, dal Cinquecento al Novecento, hanno fornito scrittori e storici come Giorgio Vasari, Leandro Alberti, Agostino Del Riccio, Giovanni Vincenzo Coresi Del Bruno, Eugenio Branchi ed altri.
Il volume, infine, contiene un’appendice fotografica con geolocalizzazione dei principali manufatti (colonne e bacini) ancora «in situ» che, come scrisse Arsenne Thiébaut De Berneaud nel 1808, «giacciono ancora ovunque nascosti sotto le mille braccia intrecciate dei lentischi, dei rosmarini e delle ginestre».