Nel settembre 1860 il geologo William Paget Jervis (1832-1906), nato in India da genitori inglesi e futuro direttore del Regio Museo Industriale Italiano di Torino, pubblicò sul prestigioso «Journal of the Royal Society of Arts» un resoconto («Mineral resources of Tuscany») sulla propria visita all’isola d’Elba. Si concentrò diffusamente sugli affioramenti di calcopirite del Monte Perone (poi sfruttati dal 1925 al 1928) e sulla sottostante riviera del Bagno, già sede di una tonnara seicentesca, segnalando importanti ritrovamenti archeologici e interpretando genialmente il toponimo Bagno o Bagni come ricordo della presenza di una probabile villa romana con annessi impianti termali.
Della propria ricognizione mineralogica, Paget Jervis racconta: «Ad otto miglia da Portoferrajo, sulla strada per la Marina di Marciana e a due da quest’ultima, un piccolo sentiero si dirama verso Monte Perone, dove, a un miglio dalla costa, si giunge in un punto da dove il paese di Poggio è visibile direttamente allineato con Marciana Alta. Segni di miniere molto antiche sono osservabili in ogni direzione, poiché […] l’abbondanza di fosse è visibile lungo tutto il fianco della montagna L’antichità delle lavorazioni è dimostrata dalla loro irregolarità e superficialità, e dall’assenza di gallerie o pozzi adeguati. Assomigliano in ogni aspetto alle fosse che avevo studiato a Gerfalco, che sono state classificate come etrusche, e non ho dubbi sul fatto che siano state realizzate da quella popolazione. Circa 100 piedi sotto la cima della montagna c’è una grande cavità scavata nella vena come una cava, che penetra nella roccia per circa 20 o 30 iarde. Ora è talmente ricoperta da sottobosco ed erbacce che è impossibile vedere l’area in cui hanno lavorato, ma tutto intorno vi sono evidenze della natura della matrice. Una sorta di ganga ferruginosa sciolta, molto simile al nostro gozzan della Cornovaglia, accompagna il minerale e contiene pezzi di malachite setosa in frammenti superficiali. Nessuno dei pezzi di rame che potei raccogliere girando per le fosse era di dimensione uniforme, perché evidentemente gli antichi minatori rimuovevano qualsiasi cosa estraessero. Ho scavato alcuni minerali asbestiformi nelle fosse, probabilmente derivati dal gabbro rosso. Il signor Begni, quattro anni fa, ha scavato diversi pozzi sperimentaliper vedere se poteva intercettare una vena ma, essendo poi andato altrove, la sperimentazione è risultata vana. Esattamente a nord del Monte Perone, sulla costa, si trovano i Bagni Marciana. Nel fare la strada che da Marciana porta a Portoferrajo, nel 1810, molte monete di Cesare Augusto furono rinvenute ai Bagni, che erano con ogni probabilità bagni romani in epoca cristiana. A pochi metri dalle terme si trova un’antica galleria che corre per breve distanza dalla scogliera verso l’interno della roccia. Non essendovi entrato, non posso dire se sia antica o no. Si otterrebbero molti vantaggi se qualcuno lavorasse il minerale di rame a Monte Perone, se una volta scoperta la vena dovesse rivelarsi sufficientemente buona, poiché il suolo è troppo povero per ammettere qualsiasi cultura; è troppo sassoso per i pascoli, solo pochi luoghi offrono terra sufficiente per permettere che i rovi e il sottobosco attecchiscano. Persino le capre riescono con difficoltà a trovarne abbastanza per sopravvivere […]».
Silvestre Ferruzzi