Siamo più abituati al silenzio? Al silenzio esterno e a quello interno? Per noi ormai il silenzio è sinonimo di paura.
Chi vuole più stare da solo con se stesso, cercando invece ogni mezzo per stordirsi? E chi vuole fare a meno del rumore assordante che accompagna le nostre vite?
Eppure tutto si è fermato; e c’è solo silenzio, e questo ci obbliga a fare i conti con noi stessi e con gli altri.
La qualità del Silenzio, che si è imposto nella nostra città, è identica a quella di settant'anni fa, quando ognuno sapeva di essere in silenzio nella silenziosa Isola.
Anche l’Arte tace. Considerata ormai solo mercato, e non cura dell’anima, il suo silenzio ci obbliga a riconsiderare tutti gli inganni generati da decenni di mistificazione e di sopravvalutazione. Saremo ancora disposti dopo il dramma, ad accettare gli antichi schemi di manipolazione? Solo la grande Arte, quella che cura, spero rimarrà. Le grandi mostre, come quella di Raffaello alle Scuderie del Quirinale a Roma, o di De La Tour a Milano a Palazzo Reale, costate sforzi enormi, tacciono. Con cura e con rispetto delle regole torneremo in silenzio e pochi per volta nei musei, a farci curare dai capolavori. Ma ora tutto è fermo. Gli artisti, categoria messa in un limbo, considerino questo tempo per continuare a lavorare con serietà e umiltà, verranno tempi migliori. Ma ora tutto è fermo. Sono fermo anch'io, e le esposizioni a Città del Messico, a Mérida nello Yucatán, a Bologna a Palazzo Fava, la mostra Elba da scoprire con Giuseppe Tanelli su geologia e pittura, aspetteranno, o forse non si faranno, anche questo fa parte della meditazione sul fermo, anche questo fa parte della riscoperta di un valore dimenticato: l’accettazione senza conflitto.
Saremo coraggiosi! E accetteremo ciò che verrà con quel coraggio e senza paura, non solo ciò che sta accadendo, ma anche il domani che ci aspetta.
Luciano Regoli