Le ricerche archeologiche e documentarie di Portoferraio nel basso medioevo cioè dall’anno mille in poi fino alla fondazione di Cosmopoli, non sono tali da consentire una conoscenza così ampia come invece abbiamo dopo il 1548. Eppure è stato un periodo che ancora oggi parla attraverso le pievi romanico-pisane di S. Lorenzo, S. Giovanni e S. Michele e le varie fortezze disseminate sul territorio da quella di Marciana al Volterraio, al Giogo. Di questa epoca medievale la ricerca documentaria d‘archivio che rimane fondamentale è quella di Fortunato Pintor dal titolo “Il dominio pisano nell'isola d'Elba durante il secolo
XIV” (1898). Da lui veniamo a sapere come il dominio di Pisa si sviluppò sull’Elba dopo l’anno mille.
Durante i secoli VIII-XIII, nell’alto e basso medioevo,il mare Tirreno è stato oggetto di comunicazione marittima tra litorale e le isole. Monica Baldassarre ci fa conoscere tutto questo in “Strutture portuali e comunicazioni marittime nella Toscana Medievale alla luce della fonte archeologica VIII inizi XIII sec. D.C.”
https://www.academia.edu/1062539/_2010_Strutture_portuali_e_comunicazioni_marittime_nella_Toscana_medievale_alla_luce_della_fonte_archeologica_VIIIinizi_XIII_sec._d.C._
Giuseppe Ninci (“Storia dell’isola dell’Elba”1814) Emanuele Foresi (“Storia antica e moderna dell’isola dell’Elba “ 1884) vanno ricordati come storici locali che hanno scritto del periodo medioevale: il Ninci nei libri secondo e terzo dell’opera sopra citata e il Foresi nel capitolo “L’isola d’Elba nel feudalismo”
Montemarciale è antico comune isolano medioevale citato nell’opera del Pintor e poi scomparso.
Santino Valli nel 2000 ha ipotizzato essere ubicato sul monte di S. Lucia. ( Il mistero di Montemarsale, Lo Scoglio, Portoferraio 2000)
Nel 2012, il sottoscritto ricostruendo attraverso fonti letterarie ed archeologiche l’Elba medievale, trattando dell’antica Luceri, paese citato da storici locali come Ninci e Foresi, ha supposto che Montemarciale si trovasse in cima al colle di S. Lucia. (“L’Elba tra il medioevo e il rinascimento. Viaggio alla scoperta di un’isola” Bentivoglio editore, Roma 2012.
Silvestre Ferruzzi attraverso documenti d’archivio ritrovati, letti e pubblicati, lo ha collocato nella località Casamenta,in cima al colle di S.Lucia. (“Pedemonte e Montemarsale,” Pontedera 2013).
Di Portoferraio nel periodo a cavallo tra il secolo XV (quattrocento) ed inizio del secolo XVI (cinquecento), secolo della sua fondazione sotto il nome di Cosmopoli, cosa sappiamo?
Cosa esisteva di Portoferraio prima che Cosimo iniziasse a costruire le mura che ancora oggi vediamo?
Cosa trovò quando arrivò nella rada “quel numeroso stuolo di bastimenti da trasporto carichi di materiali, di vettovaglie, con mille soldati e trecento guastatori, sotto il comando di Francesco di Otto da Montauto, e Luca Antonio Cuppano suoi colonnelli” (E. Foresi .Capitolo VII:”Fondazione di Portoferraio”.) che Cosimo I nell’intento di soddisfare i propri desideri aveva inviato da Livorno appena trascorsa la metà del mese di aprile del 1548?
Per tentare dare una risposta a queste domande può aiutare la lettura di fonti letterarie: tra queste oltre il Pintor e Baldassarre, ricordo Gioacchino Volpe (“Studi sulle istituzioni comunali a Pisa. Città e contado, consoli e podestà secoli XII-XIII ”G.C. Sansoni Editore), Emilio Cristiani (“Note sulla storia dell’isola d’Elba nei secoli XI-XIV” Rivista italiana di studi napoleonici n° 1. anno XV. Giardini editore. Pisa 1972).
Ma è Romualdo Cardarelli che meglio di tutti dà una risposta alla domande di cui sopra fornendo la descrizione di Ferraria nella rada dove, poco tempo dopo,nell’aprile del 1548, sorgerà Cosmopoli.
“…All’inzio della rada si aveva inoltre una insenatura volta in senso contrario alla rada stessa, di circa due ettari, a ridosso di due ripidi poggetti, la quale costituiva di per sé un porto naturale.Fu questo il porto noto ai Greci almeno fin dal loro primo stabilirsi in territorio ligure, col nome di Argous, e certo in possesso degli Etruschi fin dal loro primo affermarsi sull’opposta costa della terraferma. Populonia trovò qui il necessario complemento della sua attività industriale commerciale e marinara. L’unico punto debole era la mancanza di una ricca sorgente d’acqua potabile. Ma la posizione di questo porto verso il mare e verso l’interno dell’isola, l’ampiezza e fertilità relativamente considerevole del suo territorio, la facilità delle comunicazioni verso Longone e verso le zone isola più produttive, lo resero l’unico porto stabile dell’Elba.
Non sappiamo se nell’alto medioevo il porto e il castello attiguo continuassero, sia pure più moderatamente, le attività dei tempi romani, soprattutto attirando il prodotto dei forni e ferriere che sorgevano di quando in quando un po’ dovunque nell’isola,e in particolare presso Marciana, per essere ulteriormente lavorato nella vicina zona del Fabbrichile. Certo per il duecento abbiamo sicura notizia che accanto al porto era sorta o risorta una terra, chiamata Ferraia o Ferraria, protetta da un forte detto il Ferraio e retta a comune. Essa visse però di una esistenza grama, al pari delle minori e meno felici terredell’isola.
D’altra parte le miniere di Rio e Gràssera avevano acquistato una maggiore importanza, e perciò le navi dirette all’Elba non trovavano in Porto Ferraio le comodità e il traffico che esso offriva ai marinai e mercanti fin verso la fine dell’Impero Romano d’Occidente.
Il comunello di Ferraia visse così, stentatamente, superando alla meno peggio le vicende cui soggiace l’isola, all’ombra della sua ròcca ormai quasi cadente e col presidio non sempre efficiente di Pisa prima, e dei signori d’Appiano poi, finchè si spense oscuramente negli ultimi decenni del Quattrocento (L’ultima testimonianza di Ferraio a me nota è del 1473 .anno in cui contribuì alla tasse per la pace di Barberia (1), ma con sole lire 5, segno evidente che la sua popolazione era di poche famiglie e che ormai era prossima la fine). Mura e càssero furono così disertati e il porto e la rada rimasero aperti liberamente a corsari e soprattutto alle armate francesi e spagnole che poco dopo incominciarono a contendersi il predominio in Italia, finchè nel 1548 il Duca Cosimo I, nell’imminenza di altri più gravi pericoli, non riuscì a strappare a Carlo V il consenso di fortificarlo, in modo da renderlo una delle migliori piazzeforti del Mediterraneo…” (De ora Marittima Populoniensi”).
Quando nell’aprile del 1548 arrivarono nella rada le galere fiorentine per iniziare a costruire Cosmopoli trovarono un comunello, quello di Ferraria che ormai non esisteva più, solo c’era il Ferraio piccolo forte presidiato.
E’ sempre il Cardarelli che descrive bene la situazione del “comunello” di Ferraria “… ma nell’alto medio evo dovette essere abbandonato, poiché soltanto verso la fine del Duecento abbiamo notizia di un comune di Ferraria, certo cresciuto a spese del vicino paese di Laterano, ormai prossimo a sparire (Laterano uno dei comuni citati dal Pintor e situato presso l’attuale chiesa romanico-pisana di S. Stefano protomartire). Ma nella prima metà del quattrocento anche il comune di Ferraria scompare, certo insieme con gli abitanti emigrati altrove, e soltanto vi rimane presidiato un forte, il Ferraio, sicuramente situato entro l’ambito delle mura attuali, a difesa del porto ma per pochi decenni ancora…”
(“Comunanza etnica degli elbani e dei corsi. Contributo allo studio delle origini del popolo corso” Livorno 1934).
La nota del Cardarelli che gli abitanti di Ferraria erano andati ad abitare altrove è interessante perché probabilmente molti di questi si erano ritirati ad abitare su in alto in cima al colle di S. Lucia, a Montemerciale, il colle che domina davanti a Portoferraio, dove l’aria era non solo migliore che in pianura, in cui paludi erano presenti nella piana di S. Giovanni e sin verso la valle di S. Martino, ma dove pirati e corsari non potevano arrivare, anche se poi Khair El-Din, detto il Barbarossa, dimostrò che ciò era possibile attaccando e distruggendo Montemerciale.
“Il presidio di Pisa prima e dei Signori d’Appiano poi” non erano più in grado di fornire la sicurezza necessaria.
Così abbandonarono l’abitato del porto, Ferraria, dove rimase solo il castello attiguo, il Ferraio.
Probabilmente, abbandonarono anche la pieve di Ferraria, dedicata a S.Giovanni nella piana omonima.
Quanto ciò possa essere vero lo dimostra “Ansalottus de Ferraria de Montemarsiale de Ylba” citato in un contratto del 1260 registrato a Pisa dal notaio Rodolfino. Qui, certo Ansalotto di Ferraria del comune di Montemarsiale dell’Elba dona un falcone all’arcivescovado quale tributo ecclesiastico dell’epoca.
Il documento, ritrovato da Ferruzzi, è importante non solo perché consente di individuare con certezza la localizzazione di Montemerciale ma anche perché evidenza come in tutto il basso medioevo tra Ferraria e Montemerciale, castro fortificato, vi fossero scambi e contatti.
Ansalotto era di Ferraria ma faceva parte del comune di Montemerciale.
Insomma Ferraria da secoli è importante come luogo dove naturalmente è facile l’approdo, cioè come centro portuale, ma non tanto come luogo per viverci: è “l’unico porto stabile dell’Elba“ come sostiene il Cardarelli. Questo concetto lo esprime bene sempre il Cardarelli “Anche la grandiosa villa romana dei buoni tempi imperiali, ora chiamata le Grotte, al centro del golfo di Portoferraio, presuppone l’esistenza di un vicino centro portuario, che non poteva essere se non Portoferraio stesso” (Comunanza etnica degli elbani e dei corsi” opera citata).
Il convoglio di bastimenti del duca fiorentino Cosimo trovò nella seconda metà del mese di aprile del 1548 è un paese, Ferraria, in stato di abbandono con una rocca in alto,il Ferraio,costruita su uno dei due “ripidi poggetti" che racchiudono il golfo.
Un tipico “castrum a mare” come molti ne esistevano lungo il litorale toscano, facile preda dei corsari musulmani che nel cinquecento depredavano e saccheggiavano, con una rocca a guardia del porto ma senza una valida cinta di mura e men che mai un valido presidio di soldati a difesa.
Questa era assicurata su, in alto, al castello del Veltraio e al Montemerciale, ”castrum a monte” fortificato con mura.
Latrani era già scomparsa e solo la chiesa di S.Stefano protomartire resiste.
Marcello Camici
(1) E’ il trattato di pace, noto col nome di “Trattato di Tunisi”, stipulato nel 1397 in Barberia tra Muleys Buffors re di Tunisi e la repubblica marinara di Pisa che aveva inviato il cavaliere Andrea del Campo (in E. Foresi opera citata)