Tanto tempo fa, nel paesino di Eoris, viveva un ragazzo di nome Arefi. Suo padre era un rinomato fabbro; il giovane quindi, fin da piccolo, aveva imparato ad usare le armi che suo padre fabbricava diventando molto abile nel combattimento.
Era molto esile di costituzione, da qui il soprannome di “Scinxy” che vuol dire mingherlino, soprannome che solo il padre continuava ad usare, anche quando il fi-glio era divenuto adulto. Il suo volto ricordava quello dell'amata madre, morta durante un attacco da parte di un villaggio rivale.
Aveva gli stessi lineamenti morbidi, gli occhi azzurri e freddi come il ghiaccio ed i capelli scuri con un ciuffo ribelle sulla fronte. La corporatura invece era forte e muscolosa come quella del padre. L'unica cosa che non aveva ereditato dai genitori era una voglia a forma di drago che fin da piccolo era spuntata sul petto e ritenuta da tutti essere un segno del destino.
Amava andare a caccia di cervi e lepri con l'arco che lui stesso aveva fabbricato.
Una mattina, in lontananza, scorse un cervo che pascolava tranquillamente. Tese l'arco, puntando la freccia verso l'animale, ma improvvisamente il cervo alzò lo sguardo verso l'alto e scappò, come se fosse stato spaventato da qualcosa.
I pini sulla montagna scricchiolavano nel caldo vento secco e un ruggito echeggiò nell'aria. Il cielo si oscurò mentre un drago color zaffiro stava volando sulla foresta.
“Scinxy!”
la voce del padre che lo stava chiamando tuonò nella radura.
“Padre”
rispose indicando con la mano la sua posizione,
“di chi è quel drago?”
domandò euforico il ragazzo. Fin da piccolo aveva ammirato quegli animali, ma era rimasto deluso nel sapere che solo i sovrani potevano permettersi di cavalcarli.
“è di proprietà di Glacea, la regina di Sincria, ora torna a casa”
ordinò il vecchio genitore.
Il ragazzo iniziò a correre, ma si trovò ad inciampare su un enorme masso colorato. Cadde a terra e notò che quello non era un sasso ma un uovo, soltanto diverso da solito. Era grosso e dai colori sgargianti. Decise di portarlo a casa, nascondendolo nella stalla. Lo coprì con delle coperte di lana calda e non disse niente a nessuno.
Passarono giorni, settimane, mesi prima che l'uovo accennasse a schiudersi. Era una calda mattina di primavera quando sul suo guscio comparve una crepa e di lì a poco uscì un piccolo draghetto,. Era grande circa sessanta centimetri, dal manto bordeaux e dagli occhi verde smeraldo. Arefi decise di chiamarlo Moldred.
Il ragazzo iniziò subito l'addestramento del suo nuovo amico e dopo alcuni mesi il draghetto era diventato un robusto volatile simpatico e coraggioso.
La notizia della sua presenza si era sparsa per i regni fino ad arrivare all'orecchio della strega del Nord, Spettra, la più temuta del reame. Era alta e formosa, con lunghissimi capelli color notte con riflessi viola scuro, occhi rosso sangue e un piercing sul naso. Era stata imprigionata negli Inferi dopo essere stata sconfitta nella battaglia di Mortis, durante la prima era. Negli anni aveva messo insieme un esercito di draghi per riconquistare le terre nel Nord, il suo regno. Non appena fu possibile mandò i suoi fedeli collaboratori per rapire Moldred.
Arefi venne svegliato dalle urla delle persone spaventate e capì che il villaggio stava andando a fuoco. Si girò di scatto e, non trovando il drago, ipotizzò che fosse fuggito a causa delle fiamme che stavano di-struggendo la casa del suo padrone. L'incendio fu così devastante che molte persone rimasero vittima sotto il crollo delle loro case, compreso il padre di Arefi. Il ragazzo, col cuore colmo di dolore, saltò fuori da una finestra e trovò il suo draghetto che era volato a salvarlo.
Prima che riuscissero a fare qualcosa due enormi draghi color oro li presero, trascinandoli per molte miglia. Senza alcun preavviso li lasciarono cadere dentro una grande voragine, incendiata, al cui centro c'era un grande portale.
Arefi aprì gli occhi e si trovò sdraiato su un terreno polveroso, l'aria era soffocante e si percepiva un tanfo di morte. Non a caso due troll li presero di peso e se li caricarono sulla schiena brufolosa. Una volta giunti a destinazione li lanciarono letteralmente a terra.
La stanza dove si trovavano era enorme, il pavimento era in marmo nero con un tappeto color porpora logorato che conduceva fino al trono, raggiungibile con una breve scalinata. Le pareti erano decorate con alcuni stendardi e tende rosso sangue, lacerate in più punti, come se qualcuno le avesse strappate di proposito con una lama. Appeso al soffitto vi era un grande lampadario con appese numerose teste mozzate. Un ticchettio interruppe i pensieri di Arefi, la grande e temuta strega era proprio davanti a lui e lo osservava con ribrezzo.
“Perché ci hai portato qui?”
chiede bruscamente il ragazzo.
“Perché voglio riconquistare il mio regno e per farlo mi occorre il tuo drago, il quale è l'ultimo discendente di razza reale, come alcuni che possiedo io, ma il tuo è nato da Afron, signore dei draghi. Solo lui potrà guidare il mio esercito e i miei draghi obbediranno solo al suo comando”
rispose con disgusto nel vedere quel gioiellino, così lei chiamava il drago, sotto l'inesperta ed infantile guida di un ragazzino.
“Sono disposta a tutto pur di ottenerlo. Secondo te chi ha fatto bruciare il tuo inutile villaggetto?”
chiese con superbia.
Arefi sentì l'adrenalina scorrere nel suo corpo, alimentata dal desiderio di vendetta ma, prima di riuscire a far qualcosa, un fascio di luce viola gli arrivò addosso. Lo evitò per miracolo sguainando la spada per attaccare successivamente la strega. Iniziò così una lunga batta-glia in cui Arefi fronteggiava impavido la strega mentre Moldred teneva occupava dei draghi presenti. Al termine dello scontro, il ragazzo riuscì a sferrare il colpo mortale alla strega che cadde a terra, non prima però di aver lanciato il suo più potente sortilegio contro il giovane il quale si accasciò a terra urlando mentre un dolore molto acuto sembrava lacerargli il petto. Il draghetto corse in suo aiuto, caricandolo sul suo dorso e dirigendosi verso Sincria, l'unica città dove avrebbe trovato aiuto.
Uscì dagli inferi con molta difficoltà attraversando il portale, volò più velocemente possibile verso est e non appena scorse le grandi mura che difendevano la città, accelerò ulteriormente. Atterrò sfinito davanti alla porta del castello. Ad attenderlo vi erano un gruppo di guaritori che erano in debito sia col ragazzo che col drago, infatti erano prigionieri di Spettra ed erano riusciti a fuggire proprio prima che la battaglia iniziasse.
Erano stanchi delle continue malvagità della loro sovrana e cercavano un luogo di pace.
Il draghetto adagiò il padrone sull'erba e uno dei vecchio guaritore gli si avvicinò e passò le sue mani sul petto del ragazzo. Una luce azzurra calda e piena di vita invase l'area. Arefi, dopo qualche secondo, emise un forte respiro aprendo gli occhi. Il controincantesimo effettuato aveva riportato in vita il giovane amico. Egli voltò lo sguardo verso le persone che si erano radunate per osservare la scena e colse anche il viso della regina Glacea, poi posò gli occhi sul suo fidato compagno, che si era avvicinato al padrone annusandolo come per capire se fosse davvero lui e successivamente gli aveva leccato affettuosamente la guancia sinistra.
Il popolo stupefatto non osava fiatare e si spostò solamente facendo in modo di far avvicinare la sovrana al ragazzo. Glacea si accucciò davanti ad Arefi, ringraziandolo e proponendogli di diventare un cavaliere al servizio del regno. Il ragazzo decise così che da quel momento avrebbe lottato per non far mai sprofondare il mondo nell'oscurità. Sapeva di poter contare sull'aiuto di un vero amico dal sangue blu.
Ginevra Perez