Dopo che a Londra Cosimo I e Jacopo VI Appiani, sotto l'egida del re di Spagna Filippo II, avevano firmato il trattato sulla spartizione dell'Elba (siamo nel 1557), le diplomazie dei due stati si misero subito al lavoro per applicare quanto convenuto. Fra le altre cose occorreva delimitare il confine di Portoferraio che sarebbe stato affidato al duca di Firenze, mentre tutto il resto tornava agli Appiani. Questa operazione fu da subito complicata. Non solo per le rivendicazioni territoriali dei due regnanti, ma per l'ambiguità dell'accordo che avevano sottoscritto. Questo imponeva di assegnare a Portoferraio un territorio circostante per due miglia, cioè duemila passi. Da qualsiasi parte della città si iniziasse la misurazione, gran parte del circondario della città medicea sarebbe stato costituito da...mare. Ed è quello che sosteneva l'Appiani: “La mesura dovessi incominciare dalle mura della terra prefata e... includersi il mare e quella parte di terra ch'entra nelli duemila passi, incominciando dalla faccie verso Mezzo Giorno, quale finisce alle Grotte da dove è stata et è la vera confine del territorio [che] ha posseduto anticamente la terra di Porto Ferraio al tempo habitata. Acteso dalle Grotte verso Levante è territorio della terra di Capoliveri e di Rio, dentro del qual territorio è sita la fortezza del Voltolaio riservata al Signore di Piombino... dove a un bisognio d'inimici si possano salvare” (dalla relazione di Juan Antonio de Anchora, incaricato da
Filippo II della misurazione del confine).
Naturalmente il duca di Firenze non era della stessa opinione. Non solo per la pochezza di territorio che avrebbe così ottenuto, ma perché veniva privato del Volterraio. Cosimo, tanto per non sbagliare, dopo l'accordo di Londra non aveva smantellato, come avrebbe dovuto, la fortezza e vi teneva una guarnigione, anche se aveva ridotto il contingente a soli quattro soldati e un caporale. In tutte le lettere che in quel periodo il duca inviava al commissario di Portoferraio, al suo rappresentante di fiducia Francesco Vinta e al responsabile delle misurazioni per suo conto Piero Machiavelli, non smetteva di ripetere che voleva a tutti i costi il Volterraio. In effetti la fortezza era di importanza strategica essenziale per la città medicea. Da lassù si potevano osservare tutte le navi che si avvicinavano al porto, pronti a dare l'allarme in caso di pericolo. Inoltre, tutti i giorni i soldati di stanza nella fortezza facevano la spola fra quest'ultima e Cima del Monte, allora chiamata Monte della Scoperta, proprio perché da lassù si aveva una visione quasi completa dell'Isola. “Fare la scoperta “ in gergo militare significava appunto “avvistare”, e il Monte della Scoperta era un bellissimo punto di avvistamento. Non per nulla gli Spagnoli volevano farci un fortino, progetto poi abbandonato.
Piero Machiavelli, figlio del più famoso Niccolò, all'epoca commissario delle galere, che era stato scelto come rappresentante del duca nella trattativa sulla delineazione del confine in quanto esperto di geografia, fece di tutto per attuare la volontà del duca. Egli si vantava di esser amico del rappresentante del re spagnolo Don Bernardo di Bolea e di Juan Antonio d'Anchora. In una sua lettera così si espresse: “Giovanantonio d'Anchora, computista della Sommaria, in chi detto Bernardo confida, questo è amico mio, se il bisognio lo ricercherà preverrò se 50 dobre [moneta del valore di due scudi] potessino fare in lui l'effetto che hanno fatto le 500 in detto Bernardo”. Forse ammorbidito dalla mazzetta (il cui ammontare non era una cifra di poco conto) Don Bernardo fece in modo che il Volterraio finisse nel territorio del duca. E forse pure l'Appiani fu condotto a miglior ragione da un esborso di denaro, se interpretiamo una lettera del commissario di Portoferraio Domenico Ottavanti al duca. Egli scriveva che “Il Signore [di Piombino] o sia per bisognio, o sia per altro comodo, aspira a uno ricompenso di denari con il quale dimostra voler forzificare Lungone o servirsene ad altri comodi, talch' io giudico che si trovi in tanta necessità che non bastante il pigliar ricompenso del Volterraio et altro, se trovasse riscontro, credo che impegnierebbe tutta l'isola”.
Sarà stato per le “ricompense” oppure per il fatto che non vi era logica nell'assegnare a Portoferrraio un territorio costituito per lo più da mare, se alla fine si addivenne alla conclusione che la misurazione delle due miglia doveva partire non dalla città ma dal limite del golfo antistante, cercando di far coincidere il confine con il crinale collinare, anche a scapito delle due miglia. Così si misurarono le due miglia partendo da Bagnaia e arrivando alle Panche, dall'Agnone (toponimo credo scomparso in zona Magazzini) fino a Monte Castello, dallo Stiopparello al Belvedere, sempre dallo Stiopparello arrivando precisi colle due miglia al Felciaio, da San Giovanni al Monte Orello, dal mare poco a ovest di San Giovanni con un tragitto molto inferiore alle due miglia sino al Castello di Santa Lucia, dalle Fociarelle alle Ceppete e dalla Punta del Fruginale alla spiaggia di Acquaviva.
Fra incomprensioni, tentativi di ottenere di più, pigrizie degli apparati, riluttanza degli Elbani, e persino la morte di Cosimo, il tracciamento del confine si concluse circa vent'anni dopo l'accordo di Londra.
Il Volterraio, con la guarnigione in esso presente comandata da un castellano, assunse egregiamente la sua funzione di avvistamento. Ma la molta documentazione che abbiamo trovato non attiene al Volterraio come luogo essenziale di difesa dagli invasori, ma in funzione di controllo per così dire interno. Purtroppo i soldati granducali dovettero spesso essere impegnati in compiti meno nobili dell'avvistamento e certamente più gravosi, cioè il controllo del confine sistematicamente violato dai Riesi. Fra i molti episodi di scaramucce verbali, sequestri e uccisioni di bestiame, distruzione di capanni di cacciatori, ve ne fu uno cruento in cui morì un Riese. Ma questa è un'altra storia.
Fabrizio Fiaschi
Nota dell'autore
L'articolo è frutto di analisi di documentazione reperita nell'Archivio di Stato di Firenze, nell'Archivio Storico di Portoferraio, nell'Archivio Generale di Simancas e nella Biblioteca Nazionale di Francia. Tutti i riferimenti si possono trovare in: I confini di Cosmopoli. Storie e percorsi intorno a Portoferraio, Isola d'Elba.