Anticamente all’Isola d’Elba la festa pasquale si festeggiava prevalentemente con il pane benedetto.
I pani pasquali erano preparati con la farina bianca e aromatizzati con anice, finocchio, e talvolta addizionati con uvetta, pinoli, fichi secchi, e edulcorati con miele o vin cotto.
Queste aggiunte servivano per dare un tocco diverso al “pane quotidiano”.
Secondo la tradizione dei vari versanti del territorio, e venivano modellati in forme e fogge diverse.
Le famiglie facevano a gara per renderli più belli e sontuosi, in modo da non farsi compatire, quando dentro ceste infiocchettate, venivano portati in chiesa per la benedizione.
Venivano consumati a parire dalla colazione del giorno di Pasqua, assieme alle uova sode benedette e ai formaggi e salumi accantonati per questa occasione.
Erano condivisi con i commensali per buon’augurio e accompagnavano tutti i desinari pasquali, fino ad esaurimento.
Successivamente i suddetti ingredienti edulcoranti, grazie ad un graduale miglioramento del tenore di vita, furono sostituito dallo zucchero e da altri ingredienti che al giorno d’oggi, questi pani, sono diventati dei veri e propri prodotti di pasticceria.
Alcuni di questi pani pasquali si possono trovare ancora oggi, magari sottoforma di dolci, mescolati ad altri dolci nazionali diventati tradizionali, o appartenenti ad altre culture, che la globalizzazione ci impone attraverso la grande distribuzione.
Tutto questo rappresenta un rischio per l’identità gastronomica del nostro territorio.
Il nostro intento è quello di raccontare queste tradizioni alimentari che ci portano a ripercorrere la storia della nostra Isola attraverso le usanze gastronomiche che si sono affermate durante i secoli.
Notevole interesse suscita il pane con gli uccelli, detto anche pane ferettato: un tipo di pane azzimo adorno di uccelli, e di smerli che si prepara nella zona di San Piero in Campo.
Purtroppo sono rimaste soltanto pochissime signore che ancora lo sanno preparare.
Talvolta con gli uccelli (in origine probabilmente colombe) viene collocato un uovo col guscio che cuocendo assieme al pane si assoda.
Questo tipo di pane, realizzato assolutamente col fior di farina, si ritrova in alcune zone della Sardegna, della Corsica e della Spagna, magari modellato con simbologie e forme artistiche diverse, e questo potrebbe far pensare ad una origine iberico-moresca.
La sportella e il cerimito raffigurano i simboli sessuali e sono stati recuperati e riproposti, sia nella versione più antica, senza zucchero, sia nella versione dolce, più recente, con zuccherini colorati.
La sportella, nella versione più moderna, viene preparata tuttora presso alcune famiglie elbane.
Questi pani venivano usati come dichiarazione d’amore fra i giovani che si “guardavano”.
Il giovanotto, la mattina della Domenica delle Palme faceva pervenire alla ragazza desiderata un paniere adorno di fiori con il cerimito, se la ragazza gradiva il regalo e quindi la dichiarazione d’amore, il giorno di Pasqua contraccambiava facendogli recapitare una sportella infiocchettata. Al contrario... una scarica di legnate!
Anche la caccilebbora di origine antichissima, il cui nome deriva probabilmente da caccialepre , era uno di quei pani, rappresentanti il sesso femminile, che venivano offerti alla dea Cerere protettrice dell’agricoltura affinché favorisse una stagione fertile e abbondante.
La schiaccia di Pasqua, non è molto dissimile da quella che si trova nell’entroterra toscano, anche se la caratteristica di quella elbana è che si deve lasciare lievitare 100 ore.
Si comincia a prepararla il martedì della Settimana Santa con un pugno di farina, acqua e lievito, per ciascun commensale che sarà presente il giorno del banchetto pasquale.
La sera dopo si aggiunge ancora un pugno di farina per ogni persona, si rimpasta e così di seguito fino al Venerdì Santo.
Quella sera di ritorno dalla Processione del Cristo Morto si preparano i pani che si lasceranno lievitare fino alla mattina successiva, fino al momento di cuocerli nel forno a legna.
Si mangia il giorno di Pasqua al posto del pane quotidiano.
Del recupero di queste tradizioni se ne occupa ormai da anni l’Accademia Italiana della Cucina, ed in particolare Elba Magna una piccola azienda artigianale elbana, che con grande serietà svolge questo importante compito , proponendo molti prodotti da forno anche nella versione originale.
Da questa pagina, gentilmente concessa da Elbareport, vorrei lanciare un messaggio a tutte le scuole di ogni ordine e grado dell’Isola (alcune lo hanno già messo in pratica!): non dimenticate di insegnare ai vostri alunni che: “la civiltà e la storia di un popolo si legge soprattutto sulle tavole (da pranzo)!!
Alvaro Claudi