Tempo di chiusura dell'anno scolastico. Leggendo il vangelo di oggi, penso immediatamente ad una sintonia con il seme e l'opera di semina dell'uomo. Gesù usa questa immagine per parlare del regno di Dio.
L'azione del contadino non si limita a gettare il seme, ma c'è un'opera che precede, la preparazione del terreno, e una che segue, di cura delle piante e di raccolta dei frutti. Tutto questo ricorda l'opera dell'insegnante e, più in generale, dell'educatore. Entrambi coltivano la fiducia nello sviluppo del seme, altrimenti non si metterebbero all'opera. Certamente, rispetto alle altre realtà, nell'uomo c'è quella fondamentale componente che è la libertà.
Due sottolineature.
La prima è che Gesù parla della forza del seme e, al contempo, della sua piccolezza (granello di senape).
Alla forza del seme corrisponde la pazienza del contadino: nessuno è tanto stolto da pensare di velocizzare la crescita di una pianta tirandola verso l'alto. Una pazienza che è possibile solo se si coltiva una basilare fiducia nella vita. L'altro elemento, la piccolezza, rappresenta una rivoluzione nella società dell'apparenza e della spettacolarizzazione, della (presunta) superiorità intellettuale o morale o economica. Oltre alla fiducia, occorre avere occhi puliti, uno sguardo penetrante capace di cogliere i piccoli segni della crescita, che è sempre integrale e mai puramente settoriale. Secondo il linguaggio evangelico, con umiltà bisogna saper ascoltare e vedere dentro quella parabola che è la vita stessa. Lascio al lettore volenteroso le applicazioni all'insegnamento e all'educazione (tutti ne abbiamo esperienza, almeno per la biografia filiale e scolastica).
La seconda sottolineatura riguarda il tema del regno di Dio.
Possiamo guardare al discorso sul seme anche da una diversa prospettiva. Il seme è stato seminato da Dio in noi che, per l'antropologia biblica, siamo a sua immagine e somiglianza. A questa preziosità personale, nell'interiorità si aggiunge la presenza dello Spirito, Dio-Amore, frutto maturo dell'opera di Cristo. Il regno di Dio è proprio... Dio. Quindi, è realtà interiore (lungi dall'identificazione assoluta con forme storiche), è la perla preziosa che l'uomo scopre in sé e da cui si lascia trasformare, superando barriere, limiti e separazioni, all'insegna dell'interconnessione di tutti gli esseri. All'uomo è richiesto di aprirsi a questa realtà profonda, attraverso un personale pellegrinaggio interiore (disciplina semplice ma non facile) che si avvale del patrimonio delle diverse tradizioni religiose e delle scienze umane (o dello spirito, Dilthey). Si potranno così comprendere le parole finali del vangelo odierno: ai discepoli Gesù non parlava in parabole ma “in privato spiegava tutto”. Nel pellegrinaggio intimo, secondo tempi propri, avviene l'incontro con il Maestro interiore, la “voce”, il cui ascolto dilata l'io autentico nell'apertura incondizionata alla relazione amorevole con Dio e alla fraternità.
(13 giugno 2021 – domenica 11 Ordinario)
Nunzio Marotti
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