Sono tornati all’Elba gli studenti dell’Accademia di Brera per la quinta edizione del Premio Arte Acqua dell’Elba. Le opere selezionate, esposte alla Torre della Linguella a Portoferraio, non rispondono a canoni classici, ma sono frutto dell’espressività e osservazione del nostro mondo contemporaneo. Concettuali, provocano impressioni e fanno riflettere, trasmettono idee, suscitano pensieri e confronti.
L’opera di uno dei tre vincitori selezionati si distingue. La espone Francesco Conti, un giovane artista che svolge la sua attività tra Milano e l’Austria. Apparentemente insignificante, sobria, l’installazione rivela una forza travolgente. È intitolata: “Rinnovamento, o cosmologia, 2019-2021. Tecnica mista su pavimento abbandonato o distrutto”. Lastre di legno consunto e sgangherato trasportano velocemente a un confronto con la pavimentazione cinquecentesca del centro storico di Cosmopoli. Le vie di Portoferraio, percorse, calpestate per tanti secoli, erano composte, fino a non molti decenni fa, da lastre perfette, armoniche, funzionali.
“Rinnovamento o cosmologia - si legge nella scheda esplicativa - è la celebrazione della fragilità, la volontà del prendersi cura delle ferite inferte a materiali apparentemente silenti. È il tentativo di rinnovamento costante di vita nell'opera che emerge dalla marea distruttiva, quel flusso inarrestabile di eventi che si susseguono su di essa e attraverso di essa.
Dodici pannelli di pavimento abbandonato sono appoggiati a terra. L’intervento pittorico è minimo, volto ad arricchire gli elementi di deterioramento del legno già presenti al momento del ritrovamento.
Questo lavoro deve essere installato a terra in un punto di inevitabile passaggio, di modo da essere calpestato dal pubblico, deteriorandosi ulteriormente. Dopo ogni installazione, le parti distrutte dell'opera vengono ricomposte e restaurate alla forma deteriorata dell'installazione originale. L’opera continuerà ad essere installata fino alla sua completa consumazione.
Il lavoro è stato già esposto tre volte, e per tre volte è stato ricomposto allo stadio iniziale.”
Allora, davanti a questa opera, pensando alle infinite volte in cui le nostre lastre di calcare rosa sono state calpestate, manomesse, distrutte da interventi superficiali e senza controlli, viene da chiedersi quante volte ancora potranno, prima di consumarsi, essere ricomposte, riposizionate in una nuova forma, sempre più deteriorata? È una domanda difficile, la potremmo rivolgere a Francesco Conti, quando tornerà all’Elba con nuove sollecitazioni.
Cecilia Pacini