La Grottaccia è un posto carico di suggestione; quando le nuvole di scirocco celano la vetta del Monte Capanne con i Campitini e, più in basso, dei Recitoi e delle Mure, quel posto assume un fascino difficile da descrivere. Lassù esiste il Caprile della Grottaccia, un bel quartiere pastorale costituito da un «chiuso» (il recinto in pietra ove i pastori mungevano le capre) e dalla «capanna» o «grottino», luogo deputato alla produzione di ricotte e formaggi. La storia che vogliamo raccontare inizia il primo maggio 1950. Un’allegra comitiva si era recata per la Festa dei Lavoratori proprio al Caprile della Grottaccia: il pastore Umbertino Martorella di San Piero era in compagnia della moglie Franca Pisani, del figlio Luigi, di Clara Galli e di Giuseppe Pisani, soprannominato «Papota»; i «pomontinchi» erano invece rappresentati da Giuseppe Costa e dalla moglie Giuseppina Sardi coi figli Gianpiero e Assuntina. Improvvisamente un grosso becco, caprone dominante del branco, puntò, all’interno del «chiuso», un malcapitato capretto che si trovava nei pressi del muro. Il bestione prese la rincorsa per incornare il povero capretto, ma questo si scansò all’ultimo momento e il becco, ormai avviato in velocità, dette un potentissimo colpo al muro di pietre sovrapposte, deformandolo verso l’esterno. Gli astanti restarono – è il caso di dire – di sasso. Passarono circa dieci anni, e nello stesso Caprile della Grottaccia il pastore santilariese Guido Martorella aveva portato le proprie capre. Poco all’esterno del «chiuso», due becchi erano in lotta tra loro; a suon di cornate volevano avere, tanto per cambiare, il predominio sul branco. Uno dei due, durante il combattimento, spinse con una forza sbalorditiva l’altro contendente, catapultandolo all’interno della «capanna» in pietra. L’urto fu così violento che l’intera volta della struttura crollò e uccise sul colpo il povero becco. I cacciatori più anziani ricordano ancora la «capanna» scoperchiata della Grottaccia; e si dovette aspettare la buona volontà del pastore Antonietto Batignani che, in modo certo più sommario dei precursori Martorella, la ricostruì a modo suo, ribassandola notevolmente a scapito dell’armonioso «skyline» originario.
Credits: Luigi Martorella, Marco Galli, Stefano Soria
Silvestre Ferruzzi
(foto Fausto Carpinacci)