La triste vicenda delle Fornacelle sollecita una riflessione sul rapporto pubblico/privato nella fruizione di luoghi di pregevole valore paesaggistico e culturale del nostro territorio, in particolare del versante nord orientale, dove, forse più che altrove, alla comunità, nel tempo, sono stati sottratti beni di socialità e di godimento del bello, altrettanto necessari di quelli materiali.
“Il pane e le rose”, antico slogan femminista usato nel 1912 dalle operaie, durante uno sciopero in America, per rivendicare migliori salari, ma anche dignità, rispetto e il diritto “al sole, alla musica, all’arte”, dovrebbe diventare l’obiettivo della gestione politica di ogni amministrazione. Perché di questo si avverte la necessità, specialmente nei piccoli paesi della nostra Isola. Invece da sempre assistiamo al braccio di ferro tra proprietari, concessionari e abitanti, dove ad avere la meglio sono quasi sempre i primi.
Dopo la privatizzazione di fatto della “spiaggia del Direttore”, adesso è il turno di quella delle Fornacelle, interdetta anche dallo sciagurato intervento di qualche giorno fa, che ha distrutto la strada d’accesso e gravemente compromesso le attività economiche di alcune famiglie nonché la tranquillità e la sicurezza di quelle residenti nelle case attorno. E’ evidente che una tale situazione appare insostenibile e richiede con urgenza decisioni che ristabiliscano il giusto equilibrio tra diritti della proprietà e diritti della comunità.
Un altro bene che “grida” il suo degrado e pretende un vincolo pubblico operativo per la messa in sicurezza e auspicabilmente per il suo restauro – il progetto, già pronto, è contenuto nella bellissima tesi dell’architetta Angela Mancuso e in tal senso ha offerto la sua “scienza e sapienza” anche il nostro bravo architetto elbano Alessandro Pastorelli – è Il Mausoleo Tonietti, di Adolfo Coppedè, meta di una partecipata “passeggiata” lo scorso 28 settembre, organizzata da Italia Nostra Arcipelago Toscano, per sensibilizzare al problema e cominciare una raccolta fondi “dal basso”: sempre che, “conditio sine qua non”, vengano chiariti i rapporti con la proprietà.
E che dire di un intervento, che potrebbe essere contenuto e risolutivo per un manufatto di pregio come la Fornace di Nisporto, esempio di archeologia industriale, di indubbio valore culturale, per le vicende connesse con la storia della “ballerina”? Anche su questo progetto tutto tace, malgrado il vincolo già emanato dalla Sovrintendenza nel 2001 e malgrado gli incontri che il Comune di Rio e il Comitato Terra di Rio cultura e ambiente hanno avuto la scorsa primavera con gli attuali responsabili della Sovrintendenza stessa? Il motivo? Sempre il rapporto con la proprietà! Possibile che i diritti proprietari prevalgano comunque su quelli di una comunità, anche quando la proprietà stessa non tutela il bene e/o se ne disinteressa?
Dopo aver accettato il monopolio dei luoghi più incantevoli della nostra terra da parte di pochi, la scomparsa , anche della memoria, della Villa romana di Capocastello e del promontorio su cui era costruita – prua di nave che si protende sul Canale in una sospensione tra azzurro del cielo e azzurro del mare da togliere il fiato – non possiamo, ancora una volta, con la vicenda delle Fornacelle, rinunciare alla bellezza e alla serenità di un lembo di costa da sempre legato alla storia del Cavo e di tutta la Terra di Rio.
Maria Gisella Catuogno