Una leggenda per essere tale deve quantomeno essere scritta da qualche parte.
La cosiddetta Leggenda di Venere e le 7 perle dell'Arcipelago Toscano parrebbe invece solo il frutto della "faking phantasy" di qualche pensatore locale.
Eppure il suo successo è imbarazzante, tanto che la sua diffusione risulta inarrestabile da quando esiste il web.
Non esiste alcun testo antico, né classico né medievale, che parli della collana di Venere o delle 7 perle dell'Arcipelago Toscano. Tutti gli indizi disponibili suggeriscono che si tratti di un'invenzione moderna.
Le prime tracce di questa "leggenda" sembrano risalire al XX secolo, probabilmente legate a operazioni di promozione turistica o narrativa, in cui il mito di Venere/Afrodite è stato utilizzato per aggiungere fascino romantico al paesaggio dell'Arcipelago Toscano. La connessione tra le isole e la dea è suggestiva ma non supportata da alcun documento scritto precedente.
L'immagine di Venere che perde la sua collana è coerente con un gusto moderno per miti "poetici" e visivamente evocativi, ma non corrisponde al repertorio mitologico dell'antichità. Gli antichi greci e romani, pur abbondando di racconti sulle metamorfosi o sulle origini di luoghi naturali, non menzionano mai collane o gioielli di Venere che diventano isole. Questa struttura narrativa è molto più vicina alla sensibilità romantica e simbolista dei secoli XVIII-XIX, o addirittura alle costruzioni postmoderne del XX secolo.
Se volessimo provare a datare con precisione l'origine del mito, bisognerebbe indagare testi di autori locali del Novecento o pubblicazioni turistiche che hanno cominciato a diffonderlo. È possibile che il primo riferimento scritto non sia più vecchio di 70-100 anni.
Solo come un cane da anni non faccio che dire che quella delle isole generate dalla collana di Venere o Afrodite non è una vera leggenda ma una bufala ben riuscita. Eppure continuano ad esserci fior fiori d'intellettuali e ricercatori del settore che senza indagare a fondo la prendono per buona ed assecondano le correnti della sua divulgazione.
Di fronte alla mia classica e filologica domanda "LA FONTE?" me ne sono sentite dire di cotte e di crude - da chi la attribuiva ad Esiodo, chi ad Apollonio Rodio, chi a Virgilio, chi ad Ovidio - a testimonianza che non solo le sparano grosse ma citano addirittura autori ed opere che non hanno mai letto.
Angelo Mazzei