A metà anni degli anni 60 in un assolato pomeriggio estivo in via del Carmine, un ferajese che stava ritinteggiando l’uscio di un’abitazione si sentì rivolgere una domanda:
“La mi scusi.. ‘ndoll’è la casa di Napoleone?”
Giratosi si trovò di fronte un quartetto di gitanti ai quali rispose:
“Andate sempre dritti su questa strada fino al buco poi girate a destra e ci sete!”
“Aibbuho?”
“ Sì… un tunnel, passate quello e poi girate a destra”
“Ah .. – commentò l’interlocutore che poi con aria furbetta aggiunse – ma ce lo troveremo in casa Napoleone?”
“Che ora è?” chiese il ferajese al fiorentino che rispose sempre ridacchiando: “Le tre e mezzo!”
“Beh… di solito a quest’ora va a caca’.. vi toccherà aspetta’ che abbia fatto i su’ comodi…”
La pronta replica e soprattutto il pennello intinto di vernice che si stava pericolosamente avvicinando al suo naso convinsero lo spiritoso gigliato a cambiare rapidamente aria.
L’antico e peraltro noto episodio mi è venuto in mente quando Cecilia mi ha riferito di un discorso tra comari captato all’ospedale
“O che è sta roba?” Chiedeva la prima vedendo le istallazioni Napoleoniche ospedaliere
“Eh.. – rispondeva la seconda - è pe’ il centenario di Napoleone!”
“Beato lui che c’è arrivato a cent’anni!”
Ma non si pensi (direbbe Veltroni) che la favata napoleonica sia prerogativa solo delle classi popolari, anni fa il commentatore televisivo di una gara ciclistica, che amava infarcire di note “acculturate” le sue cronache, trovandosi sulla costa belga disse (test.): “in questa cittadina Napoleone sostò prima di invadere l’Inghilterra” (!) svelando ai ciclofili telespettatori una pagina di storia fino ad allora del tutto sconosciuta.
E termino la spigolatura con un ricordo personale di un tempo in cui tenevo una bancarella di libri. Orbene chi ha fatto quel mestiere sa benissimo che le bancarelle esercitano un magnetismo, una sorta di attrazione fatale verso i più fessi esemplari di Homo sapiens (si fa per dire); quello che mi capitò tra i piedi una sera, mi propose una versione libraria della vetusta barzelletta delle brioche (quella del tizio che avendo ordinato un caffè e una brioche e sentendosi dire dal barista che le brioche erano terminate, ordinava allora un cappuccino e una brioche e poi una cioccolata e una brioche etc) Ma là ancora una volta di Napoleone si parlava. Ecco il surreale ma autentico report:
“Avete libri su Napoleone Bonaparte?”
“No signore, ne avevamo, ma li abbiamo esauriti”
“E su Paolina Bonaparte?”
“No… ovviamente”
“E su Giuseppina ….”
“Beauharnais? No, e la prego non mi chieda se ce n’ho su Maria Walewska perché, guardi… mi metto a piange’ …”
Mi lanciò un’occhiata da cui traspariva disprezzo misto a commiserazione e si allontanò scuotendo la testa.