Si dice che l'occasione fa l'uomo ladro, ma fino a quella sera avevo considerato l'adagio eticamente non condivisibile ed ipocritamente giustificatorio.
Fino a quella sera appunto, quella del buio della coscienza, nella quale commisi, proprio io che non mi ero mai appropriato - né mai dopo lo avrei fatto - di uno spillo che non fosse mio - una serie di imperdonabili nefandezze, che è giunto il momento ch'io confessi.
ANTEFATTO:
Nedo Volpini (il mio capo servizio di allora), persona dalle grandi capacità professionali e di ricca umanità, con il quale era comunque un piacere dividere il tempo del lavoro, aveva però due piccoli difetti:
a) Guidava in modo tanto approssimativo e distratto che appena accendeva il motore dell'auto i gatti del vicinato si arrampicavano sugli alberi
b) Era eccessivamente fiducioso sulle altrui facoltà di compiere miracoli.
Il 23 dicembre eravamo rimasti solo noi due in servizio, e a fine mattinata Nedo entrò nel mio ufficio, partiva per Livorno, ci scambiammo gli auguri visto che ci saremmo rivisti solo ad anno nuovo. Ma prima di uscire mi lasciò un incartamento sulla scrivania pregandomi di completare la pratica. "Va spedita appena pronta - mi disse - ma è un lavoretto da dieci minuti, poi vattene in ferie anche te"
Il giorno successivo vigilia di Natale alle ore 19.30 il "lavoretto da 10 minuti" era ancora ben lungi da terminare, in tutto il palazzo solo la vetrata del mio ufficio era illuminata, e quella luce condusse i passi di una mia amica fin su al secondo piano.
"Ma che ci fai qui il Veglione?"
Dopo averle risposto con una specie di sunto della Storia del Moccolo nell'Europa Occidentale (per inciso trattavasi pure di straordinario non pagato) mi arresi.
"Hai ragione - le dissi - mi toccherà tornare il 27, andiamo a prenderci un aperitivo"
Dal piano inferiore giunse contemporaneamente il bercio dell'usciere stizzito di essere ancora là: "Rossi chiudi te? Io vado!"
Stavo spengendo le ultime luci del palazzo per uscire con la mia amica dal cancelletto posteriore, quando sentii bussare alla porta a vetri già serrata. C'erano due tipi con un enorme pacco in spalla, sembrava quasi una bara.
"E' per il presidente"
"E' tardino"
"Bah a noi hanno detto di portarlo qui!"
"Posatelo qui sul tavolo dell'ingresso lo prenderà dopo Natale".
"Ammazza - disse la mia amica - alla grazia del pacchetto regalo! o che ci sarà ?"
INIZIO DELLA TRASGRESSIONE
L'adesivo del mittente parlava chiaro, trattavasi di importante soggetto economico erogatore di servizi, e, usciti i corrieri, lo scambio di un'occhiata che sanciva l' intesa con l'amica diventata complice, fu immediato.
L'intenzione originale era quella di scuriosare, aprire il pacco e richiuderlo ma il contenuto del "sarcofago" illuminato dalla fioca luce del centralino a dir poco ci sbalordì, champagne millesimato, Sassicaia di Bolgheri, confezioni di tartufi, culatello di Parma, Lardo di Colonnata, formaggi francesi, caviale russo, whisky extra-luxe royal reserve (probabilmente imbottigliato dalla Regina Vittoria in persona), insomma più che un pacco una specie di multinazionale della leccornia, tradotto in soldoni, certo più di una milionata di lirette dell'epoca. Grande doveva essere la gratitudine (o la speranza) del munifico donatore!
IL CRIMINE
Dopo un breve conciliabolo il beffardo crimine fu deciso: il catafalco ben richiuso fu faticosamente trascinato fuori dal retro del palazzo, trasferito nella mia auto (a sedili abbassati), e ancor più faticosamente scaricato davanti alla sede, opportunamente chiusa, di una meritoria associazione assistenziale. Poi la telefonata ad un volontario:
"Vi abbiamo lasciato un pacco sulla porta ritiratelo perché se piove si sciupa la roba"
"Grazie ma chi parla?"
"Pierfrancesco Scaramellozzi"
"Grazie eh ..."
LA BEFFA
Stavamo per fuggire dalla consegna quando un'idea mi folgorò (ogni cinque anni una buona mi viene) : avevo nel portafoglio un biglietto da visita del derubato: appoggiarlo sul pacco e scarabocchiarci su "auguri" fu un lampo.
Di tanto in tanto, durante quelle festività, mi sorprendevo a ridacchiare da solo come un ebete: mi immaginavo il disappunto degli "ungitori" di fronte all'ingrato silente omaggiato, la sorpresa dei beneficiati (coi vecchietti inebriati da Moet Chandon), e quella del derubato, ai ringraziamenti che certo gli avevano mandato, per un dono che non ricordava di aver fatto.
AVVERTENZA FINALE
Se qualcuno pensasse di approfittare di questa confessione per chiedere l'intervento della giustizia, perde tempo, il reato è ormai caduto abbondantemente in prescrizione. Eccheccazzo, solo il berluska deve beneficiare del giochino?