Caro Mario
Non so se l'ho già raccontato ai lettori, ma anni e anni fa accadde che stavo assistendo ad una riunione del PCI nella quale si stava esibendo un neofita (destinato poi ad una luminosa carriera politica nelle fila leghiste) che sparava con evidente ignoranza (generale e specifica dell'oggetto del discutere) una caterva di indicibili favate. Io iniziavo a dare segni di insofferenza, ma chi mi stava accanto (stavo seduto tra Danilo Alessi e Plinio Pellegrini, il padre di Cosetta) cercò di sedare il mio impulso a rivolgere all'oratore l'atavico ferajese dilemma: "Ma ci sei venuto o ti c'hanno mandato?", con la forte argomentazione: "Lascialo di', abbi pazienza... è giovane", ma io sbottai: "Giovane un cazzo, eravamo compagni di banco!". Se non mi sbaglio io e il ballista eravamo sulla soglia della quarantina, un'età nella quale (allora) era inverecondo spacciarsi per giovane, pure in politica
Come dire che talvolta la novità di un nostro impegno può dare l'impressione esterna che si sia "nuovi", quando in realtà al massimo ci si può considerare "lavati con Perlana".
Orbene controllando l'anagrafe mi accorgo che tu io e Fratini (rispettivamente all'inizio nel mezzo e alla fine) ci troviamo comunque compresi nella sesta dozzina di anni della nostra vita terrena (che speriamo ancora lungamente duratura), come dire che è un po' ridicolo che un ultrasessantenne dia del decrepito rincoglionito ad un settantenne così come sarebbe comico che un settantenne desse dello "sbarbatello" a chi - come te - ha l'età della pensione.
Orbene "pisciare fuori dal vaso" per usare un francesismo, può capitare: a te, a me a Fratini, a tutti, non è un dramma, ma a mia personalissima opinione (che non è esternata nell'ambito di una bieca strategia comunista tesa a screditare la giunta in carica) nella tua replica a Giovanni, il "bersaglio" l'hai padellato assai: lui, magari in tono irridente (ma senza offendere), non ti ha parlato - tra un topino e l'altro - delle brache di nonna, ma mosso dei rilievi tecnici, mi pare precisi, sensati e peraltro coincidenti con quelli di Paolo Gasparri che è persona niente affatto tecnicamente e giuridicamente sprovveduta. Tu hai replicato cercando di fare dello spirito, ma di fatto trattando il tuo predecessore come se fosse "Rognetta", e - non te ne avere - offendendolo sul piano personale e professionale. Un tono che poi è diventato, all'opposto, pure un po' vittimista, nella replica a Cosetta.
Caro Mario, non è così che funziona, in politica ed in democrazia non è consentito appendere come sugli autobus il cartello "non disturbate il conducente"; delle critiche, giuste o sbagliate che si ritengano, occorre tenere conto.
Ed anche l'argomentazione dell'aver vinto le elezioni - che vedo usata anche da uno dei tuoi più ferventi apostoli (neppure lui un frugolo - a proposito - nonostante le pose fotografiche da "piacione") - la si deve usare con moderazione, in particolare in una città come Portoferraio dove raramente (e non è il tuo caso, mentre a Fratini è capitato) si vince con la maggioranza dei voti validi.
Vincere le elezioni non è come vincere i cento metri alle Olimpiadi, dove un centesimo di secondo ti fa diventare indiscusso "dominus", una minoranza sia pur vincente sulle altre resta tale e occorrerebbe ne avesse costante contezza.
Inoltre uno dei protagonisti della politica locale che ho stimato di più in vita mia (un democristiano per la cronaca - Mario Palmieri) un giorno mi disse: "Le elezioni si vincono davvero la volta dopo", aveva ragione.
Se vorrai riuscire nell'impresa di essere il primo sindaco portoferraiese di destra rieletto degli ultimi 50 anni, hai solo la strada di essere il Sindaco anche della maggioranza degli elettori che non ti ha votato, e per percorrerla, credimi, ti torneranno più utili le critiche (a mio parere sensate ed avvertite) di persone come Fratini, che gli acritici elogi (magari pure interessati) di alcuni che ti stanno intorno.
Sai, all'ultimo tuffo cosa mi è venuto a mente Mario? Visto la reiterata "muscolarità" che ostenti, di chiudere questa lettera aperta con i versi iniziali di una canzone sarda, un po' in omaggio alla numerosa comunità di sardi presenti sulla nostra isola, un po' perché mi pare intellegibile e calzante:
Barones sa tirania
procurate moderare
ca si nono pro vide mia
torras con sus pies in terra
declarada est già sa gherra
con sa grande prepotenzia
e comienza sa pazienza
in su popolu a mancare.
Mi perdoneranno i sardi per le eventuali inesattezze della trascrizione a memoria.